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SONETTO XXII.


P
di me lieta non si vede a terra

     Nave da l’onde combattuta, e vinta,
     Quando la gente di pietà dipinta
     4Su per la riva a ringraziar s’atterra;
Nè lieto più del carcer si disserra
     Ch’ntorno al collo ebbe la corda avvinta,
     Di me, veggendo quella spada scinta
     8Che fece al signor mio sì lunga guerra.
E tutti voi ch’Amor laudate in rima,
     Al buon testor degli amorosi detti
     11Rendete onor, ch’era smarrito in prima.
Che più gloria è nel regno degli eletti
     D’un spirito converso, e più s’estima,
     14Che di novantanove altri perfetti.



SONETTO XXIII.


I
L successor di Carlo, che la chioma

     Con la corona del suo antico adorna,
     Prese ha già l’arme per fiaccar le corna
     4A Babilonia, e chi da lei si noma:
E ’l Vicario di CRISTO con la soma
     Delle chiavi, e del manto al nido torna;
     Sicchè s’altro accidente nol distorna,
     8Vedrà Bologna, e poi la nobil Roma.
La mansueta vostra, e gentil agna
     Abbatte i fieri lupi: e così vada
     11Chiunque amor legitimo scompagna.
Consolate lei dunque, ch’ancor bada;
     E Roma, che del suo sposo si lagna;
     14E per GESU' cingete omai la spada.