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le prose | 77 |
cusano, mostran non conoscer punto nè la natura della poesia, nè quella dell’uomo. Perchè l’uomo ricever possa gli ammaestramenti de’ filosofi, convien che la sua ragione sia stata prima coltivata non poco e disposta; e la più parte degli uomini non ha nè tempo, nè comodo di dare alla sua ragione questa coltura. Ma v’è un’altra facoltà in noi, che per sè medesima si disviluppa, e dicesi fantasia. Se dunque, riducendo al materiale l’astratto, e dando corpo ad ogni pensiero, io parlerò ai sensi, e alla fantasia, e quindi al cuore; chi non m’intenderà? Chi non potrà ricever quelle lezioni, ch’io gli presento in tal modo, aggiungendovi la magía del numero, dalla cui forza vien l’uomo naturalmente rapito?
Ma concedasi ancora, che tutti d’una certa istruzione scientifica capaci sieno. Basta, io domando, per seguire il vero, conoscerlo? Ohimè, che gli uomini si trovano troppo spesso nel caso della Medea d’Ovidio,