Ma si può egli, senza il desiderio di questa fama, coltivar con piacere l’arti e le scienze? Ben mostrerebbe aver di queste un assai debole e falso concetto chi ne dubitasse. Non sono forse abbastanza belle in sè stesse, onde amarle per quel diletto, che si trae sempre grandissimo dalla lor compagnia? Non tornerà piacevolissima la contemplazione di quelle verità, di cui si compongon le scienze, che diconsi matematiche? Non la magnificenza e ricchezza dell’astronomia, e la considerazion di quell’ordine, che regna nell’Universo? Ed il fisico, il chimico, il naturalista non si trova sempre in mezzo ad oggetti d’altissima, e giocondissima maraviglia? Che se interrogheremo coloro, che si danno alle sottilità della metafisica, o alle ricerche storiche, ed erudite; risponderanno, che anche in quelle probabilità, in quelle verisimiglianze s’affaccia a lor sempre una singolare bellezza. E quelle arti, che si dicono belle? E quelle lettere che amene si