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30 | le prose |
Dirò bene che non si crederebbe così vicino della città questo sito; il qual sembra piuttosto per una estension di campi vastissima con incontentabile diligenza cercato. Sien grazie al cielo, ch’ io possa qui finalmente
Nunc veterum libris, nunc somno et inertibus horis
Ducere sollicitæ jucunda oblivia vitæ:
ch’io possa ora contemplar la selvaggia bellezza d’un luogo alpestro e terribile, ed ora passeggiar con gli occhi la più ridente e meglio coltivata campagna; spettacolo fatto ancor più bello dal pensiero della privata e pubblica utilità. Chi può veder senza risentirsi il mieter del grano, il seccar del fieno, il pascolar della greggia? La vita pastorale e campestre ha sempre un non so che di tenero e commovente: risveglia in noi con le idee più pure e aggradevoli certo senso soave di quell’età, che si chiama dell’oro, e ci fa risonar nell’anima qualche avanzo delle languide sì, ma inestinguibili voci della natura.