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le poesie 201
XIV.


     Tu, benchè l’ombre da presenza rotte
Non sien di Luna, o d’astro alcun, pur suoli
Tesser musiche voci, e della Notte
L’orror più tenebroso orni e consoli.
Ambo il canto innalziam tra rupi e grotte,
Paghi, quantunque non uditi e soli:
Chè non cerca il piacer nell’altrui lode,
Chi al proprio cor di soddisfar sol gode.

XV.


     O Notte, antica Deità, che nata
Sei pria del Sole, e più del Sol vivrai,
Venerata da me, da me cantata,
Fin ch’io respiri aura di vita, andrai.
In quella prima età, chiusa e celata
Tra un manto oscuro tutto e senza rai,
Stavi ozïosa, e nel pensoso ingegno
Volgendo i fasti del vicin tuo regno.