Per voi l’arte e il sapere, ond’uom dimacra,
Non è fatuo pensier, vacua parola,
Ma campo di gagliardi atti, ma sacra
64Di virtù scola.
Tal corse un giorno al torbido Acragante,
Cui funesto rendean l’aure maligne,
Il puro sofo agrigentin, di sante
68Infole insigne.
A lui le avare leggi Iside e i bui
Chiostri del bello i templi aurei dischiuse,
Per che, scese dal ciel, parvero in lui
72Tutte le muse.
Derelitti giacean sotto a’ cocenti
Strali del morbo i popoli malvivi,
Di conforto orbi, di speranza spenti,
76Di senno privi;
Ma poi che all’egre menti e a’ corpi frali
Benigno ei porse e farmaci ed avvisi,
E intorno a lui, qual per incanto, i mali
80Cadean conquisi,
Mutati in breve i tetri affanni e il lutto,
Fiorì gioja e salute il suol natio;
Ed ei parve a’ redenti uomini in tutto
84Simile a un dio.