Ma, quale ai sibili di marzo sgombrano
Dall’etra i grigj giganti, e niveo
Quinci Etna e quindi appare
16L’azzurro ampio del mare;
Tal, vinti al soffio degli anni i pallidi
Sogni che l’animo d’error fasciarono.
Tu splendi, o Vero, e lieta
20Di te l’anima acqueta,
Ecco, pe’ nitidi tempj dell’essere
Non Dei, non idoli: sta sopra a ferreo
Trono la Legge eterna,
24Che terra e ciel governa.
Lei non di cembali fragor, non d’ostie
Sangue sollecita, non voti e lagrime
Di madri, non amori
28Di pargoli e di fiori.
All’indomabile suo cenno l’agile
Vita gli spazj ridendo semina:
Sorgon come faville
32Popoli e mondi a mille.
Sorgon, ma rigida passa un vergine
Bianca: si atterrano, com’erbe, al murmure
Dell’ale tremebondi
36i popoli ed i mondi.