Dietro, un immane colosso ch’agita
Cieco il flagel sanguineo,
E su’ morti ulula ghignando: urrà;
Dinanzi, aperte le immense fauci,
Misterioso baratro,
L’inesorabile Siberia sta.
Ma nel diverso martirio, indomito
Scava il ruteno Encelado,
Scava dell’orrido colosso il piè;
Scoppia il feroce pensier di Bàkounin,
E fiammeggiando all’aere
Pasce il venefico sangue de’ re.
Avanti, o invitta stirpe: a’ patiboli
Ridon le maschie vergini,
Sognano i martiri dentro l’avel;
Ecco, alla nova gloria rinascono;
Ecco, vermigli dèmoni,
Gl’inni di Rileif squillano al ciel.
Son tue, gagliarda stirpe, le floride
Speranze e la selvatica
Possa ed all’opere l’audacia ugual;
Tue son l’ebbrezze sante, tue l’epiche
Pugne e fra gli ardui studii
Le febbri indocili dell’Ideal.