Ma già dall’Erice devoto un’aura
Manda l’eterna deità di Venere 15Alle deserte rive:
Ecco, la memore gramaglia scingono
L’oretèe genti, e fra nuziali rèsine 18La gioja alma rivive.
Quando, con simile vicenda, gl’itali
Petti sgombrerai tu, superba ignavia, 21Peste de’ cori? Quando
Fia che i mortiferi lacci si sciolgano,
Per che il novo latin sangue congelasi 24In ozio miserando?
Ahi, nè decrepite fibre, ma giovani
Polsi e i migliori usurpi; e il volto lubrico 27Chiuso di larva infida,
Dalla purpurea reggia a la squallida
Casa discorri, e spargi intorno il fàscino 30Del tuo sonno omicida.
Ignoranza improba, tua mercè, vegeta,
Madreporica selva, in cui lussuria 33Gli acri nocchieri insidia;
Tende al malefico tuo flato i viscidi
Tralci, polipo immane, e attorce e soffoca 36Ogni virtù l’invidia.