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JO 121

     Che se alla mente insolita
     E al disugual destino
     50Mutai del par l’aspetto,
     Ben è ragion che agli uomini
     Sia d’oltraggiosa meraviglia oggetto.
Come placido lago, in cui la cima
     Del sovrapposto monte
     55Improvvisa ruini, al ciel con impeto
     Le invase acque sublima,
     Che ricadendo poi sperdonsi a’ venti;
     Così l’animo mio, prima sì cheto,
     A volo inconsueto
     60Balzò commosso a’ tuoi divini accenti,
     E tutto il ciel comprendere
     Parve; se non che pronte
     Corser le Furie, e tutta
     Mandâr ghignando all’aure
     65L’immensa mia felicità distrutta.
Stolta forse son io? Stolta? Non mente
     Dunque la turba accorta,
     Che l’amorosa tua promessa e il fremito
     Dell’esser mio, furente
     70Delirio estima, e compatendo insulta?
     Pur io sentii la voce tua; rapita
     Fuor dell’inconscia vita
     Te mirai sì, che ancor l’anima esulta;
     Pur dentro alle mie viscere
     75Non la certezza è morta,
     Che mai, com’or, nel vero
     Non fui, che mai nell’essere
     Non s’incarnò sì vivo il mio pensiero.