35Fama è ch’Egeo, quando il figliuol diletto
Lasciava della dea casta le mura
E affidavasi al mar, lo strinse al petto,
E dar questi precetti ebbe a lui cura:
“O figlio unico mio, nato al mio affetto
In sul confin della vecchiezza dura,
Di lunga vita a me più caro figlio,
Ch’io lasciar devo a sì mortal periglio,
36Deh, se la mia fortuna ed il tuo molto
Valor ti svelle a me per mio tormento,
(Misero, e sazie dell’amato volto
Queste languide ciglia anco non sento!)
Tranquillo io non torrò che mi sii tolto
E lietamente apra le vele al vento,
Prima che a lungo io non mi sia doluto,
E sparso abbiam di polve il crin canuto.
37E voglio inoltre, che una vela nera
Tu su l’ondivagante albero appenda,
Perchè al color dell’atra tela ibera
Il mio lutto, il mio foco ognun comprenda.
Ma se la dea, che al sacro Itone impera,
Perchè la reggia d’Eretteo difenda,
Consentirà, che la tua mano intrisa
Sarà nel sangue della belva uccisa,