26T’avrei seguito ancella, avrei gioconda
Queste mie mani al tuo servigio addetto,
Terso i bianchi tuoi piè nella pura onda,
Ricoperto di porpore il tuo letto.
Ma a che per questa solitaria sponda
All’aure ignare i miei lamenti io getto?
Forse alcun senso di pietade esse hanno,
E udir mie voci e a me risponder sanno?
27Ei per l’onde sen va mentre ch’io gemo;
Nè uman vestigio su l’arena appare:
Così feroce nel momento estremo
La fortuna ai miei mali ama insultare;
Ed un’orecchia invidia al mio supremo
Dolor, che ascolti le mie voci amare!
Oh, non avesse mai l’ateniese
Prora, gran Dio, toccato il mio paese!
28Mai non avesse il perfido nocchiero,
Recando al Toro indomito il tributo,
Qui legato la fune e lusinghiero
Da noi, nel tetto nostro, ospizio avuto!
Malvagio! E mascherar sì rio pensiero
Sotto un volto sì affabile ha saputo!
Ma che rammento io mai? Di qual consiglio
Mi giovo? A che speranza ora mi appiglio?