2La dea, che in guardia tien l’ardue castella,
Il carro alato di sua man costrusse,
Ella spianò le pinee travi, ed ella
A la curva carena indi le indusse.
A nova impresa allor per via novella
Sul pelago scoglioso egli s’addusse:
Fendeasi al rostro il mar ventoso, e tutti
Torceansi al remo incanutiti i flutti.
3Fu allor, che degli abissi biancheggianti
Le nereidi marine erser le ciglia,
E allo strano spettacolo i sembianti
Teneano immoti da la meraviglia.
Allor fu, che mortale occhio i raggianti
Corpi fruì dell’equorea famiglia,
E mirò delle ninfe alme l’aspetto
Nude, fuor delle spume, a mezzo il petto.
4Indi Peleo per Teti arse d’amore,
Nè d’umani imenei Teti fu schiva;
Ed anch’esso di Teti il genitore
Il maritaggio di Pelèo sanciva.
O nati in una età tanto migliore,
Eroi, figli d’un nume o d’una diva,
Salvete anco una volta; e s’avvien ch’io
V’invochi, sorridete al verso mio.