Indi, perchè de’ numi il popol cresca,
E vergine perpetua Ebe non viva,
Del ciel si schiuse al vincitor la soglia. 150Ma di baratro tal ben più profondo
Fu l’amor, ch’alla tua cervice indoma
Il duro giogo a tollerare apprese.
Nè tanto caro a genitor cadente
È d’un tardo nipote il piccioletto 155Capo, cui gli educò l’unica figlia,
E del diffuso patrimonio avito
Tosto ei segna e destina unico erede,
Disperdendo così l’empie speranze
Del deriso gentil, che alla canuta 160Testa, avvoltojo insidioso, rota;
Nè colomba giammai lieta fu tanto
Del suo niveo compagno, a cui sul rostro
Che la morseggia avida figge i baci
Con maggior voluttà che donna alcuna, 165Chè donna per natura è mobil sempre;
Quanto al tuo cor, fida Laodamia, il biondo
Sposo fu caro, a cui l’amor ti aggiunse.
Così la luce mia, la mia fanciulla,
Che poco o nulla è a te di ceder degna, 170S’abbandonò tra le mie braccia. Amore
Tutt’alba il volto, e tutto oro le vesti
Le danzava dintorno alla persona
Splendidissimamente. E ben che paga
Del sol Catullo essa non viva, io soffro