Venere santa, nè delizia alcuna
Recano al tuo pensier che veglia e geme 10I dolci doni delle Muse antiche,
Ciò grato è a me, però che tuo mi credi
Verace amico, e all’amicizia mia
Cerchi di Cipri e delle Muse i fiori.
Ma perchè, Manlio, a te non sieno ignoti 15Gli affanni miei, nè tenga mai che aborra
Dagli officj di grato ospite, ascolta
In quali flutti abbia me pur sommerso
La rea fortuna, a ciò che lieti doni
Da un misero ch’io son tu non ti aspetti.
20Dacchè data mi fu la bianca veste,
E i giocondi anni miei fioria l’Aprile,
Assai di carmi ebbi vaghezza: ignara
Non è di noi la dea, che mescer suole
Qualche dolce amarezza a’ nostri affanni. 25Ma da’ cari miei studj mi distolse
Del fratello la morte. O fratel mio
A me tolto infelice, ogni mio bene
Con la tua morte, o fratel mio, si franse;
Giace sepolta la paterna casa. 30Tutta con te, con te perîr le gioje
Che alimentavi col tuo vivo amore.
Al morire di lui tutti fugai
Gli amati studj dalla mente, tutte
Le delizie dal core. E se tu scrivi,