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trad. da Mario Rapisardi |
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— Ma che poss’io? Per altro, chi vuol saperne nulla?-
— Io: con me puoi chiamar gatta la gatta. —
— In primis dunque, è falso, ch’io tradii la fanciulla.
20Lo sposo, è ver, l’avea lasciata intatta;
Che pendulo e qual bieta molle il suo pugnaletto
Mai non s’ergea della cintura a mezzo;
Ma, dicesi, che il padre montò del figlio il letto,
E la povera casa empì di lezzo:
25O che l’empio suo core di cieco amore ardesse,
O sapendo il figliuol non buono a nulla,
Volle mettere a prova, s’ei tanto nerbo avesse
Da slacciare la zona a una fanciulla. —
— Tu mi parli d’ un padre di mirabil pietà,
30Che della nuora in sen lo schizzo fe’;
Ma ben altri ripeschi dice sapere e sa
Brescia che del Cicnèo colle sta appiè,
Brescia, cui molle e biondo il Mella a mezzo sega,
Brescia la madre della mia Verona. —
35— Di Cornelio e Postumio racconta essa la frega,
Coi quali ordì colei la tresca buona.