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lui glorie in quest'unica e singolare, sovvenga all'A. V. che trovandosi egli nell'anno 1638 aggravato da malattia nella sua abitazione di Firenze, l'istesso Ser.mo Gran Duca di Toscana oggi felicemente regnante, insieme con V. A. S., lo visitò sino al letto, porgendogli di propria mano soavissimi ristorativi, con dimorarvi sopra due ore; gustando, come sapientissimo Principe, di coltivar le sue nobili e curiose speculazioni con la conferenza e discorso del suo primario Filosofo. Esempio in vero di singolare affezzione verso un proprio vassallo, per il quale non men risplende un'eminente virtù in chi conferisce, che in chi riceve, onore sì glorioso.
Di simili visite fu ancor prima e dopo, come è ben noto all'A. V. S., più e più volte onorato dal medesimo Ser.mo Gran Duca e da lor altri Ser.mi Principi, che, a posta movendosi di Firenze o dalla Villa Imperiale, si trasferivano in Arcetri, per godere della sapientissima erudizione di quel buon Vecchio, o per consolarlo nell'angustie dell'animo e nella sua compassionevole cecità.
Dicalo l'A. V. S., che più frequentemente delli altri si compiacque onorarlo con la maestà della sua presenza, in tempo in che ella, mirabilmente avanzandosi nelle scienze matematiche, dilettavasi comunicar seco quei pensieri che nello studio dell'opere di lui le sovvenivano, dando allora materia al gran Galileo di far quel giudizio ch'in oggi, vivendo, goderebbe vedere a pieno verificato; mentre egli a me più volte con stupore affermava di non aver mai incontrato, fra tanti suoi uditori, chi più di V. A. gli avesse dimostrato prontezza d'ingegno e maturità di discorso, da sperarne maravigliosi progressi non tanto nelle matematiche quanto nelle filosofiche discipline, e conseguentemente, secondo la di lui regola sopradetta, nelli affari importanti.
Questo per ora è sovvenuto alla sterilità della mia memoria intorno a soggetto così fecondo, e tanto ho potuto raccogliere d'altrove, in tempo assai scarso,