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esperienze ch'egli di continuo faceva intorno all'esamine di molti curiosi problemi e proposizioni naturali. Accettò il Sig.r Conte come gioia inestimabile l'esemplare manuscritto del sig.r Galileo; ma giunto a Parigi, non volendo defraudare il mondo di tanto tesoro, ne fece pervenir copia in mano alli Elsevirii di Leida, i quali subito ne intrapresero l'impressione, che restò terminata nel 1638.

Poco dopo questa inaspettata pubblicazione, concedendomisi l'ingresso nella villa d'Arcetri, dove allor dimorava il sig.r Galileo, acciò quivi io potesse godere de' sapientissimi suoi colloquii e preziosi ammaestramenti, e contentandosi questi che nello studio delle matematiche, alle quali poco avanti mi ero applicato, io ricorresse alla viva sua voce per la soluzione di quei dubbii e difficoltà che per natural fiacchezza del mio ingegno bene spesso incontravo, accadde che nella lettura de' Dialogi sopradetti, arrivando al trattato de' moti locali, dubitai, come pur ad altri era occorso, non già della verità del principio sopra 'l quale è fondata l'intera scienza del moto accelerato, ma della necessità di supporlo come noto; onde io, ricercandolo di più evidenti confermazioni di quel supposto, fui cagione ch'egli nelle vigilie della notte, che allora con gran discapito della vita gli erano familiarissime, ne ritrovò la dimostrazione geometrica, dependente da dottrina da esso pur dimostrata contro ad una conclusione di Pappo (qual si vede nel suo trattato di Meccaniche, stampato dal suddetto P. Mersennio), et a me subito la conferì, sì come ad altri suoi amici ch'eran soliti visitarlo: et alcuni mesi dopo, compiacendosi di tenermi poi di continuo appresso la sua disciplina, per guidarmi, benché cieco come egli era di corpo, d'intelletto però lucidissimo, per il sentiero di quelli studii ch'egli intendeva ch'io proseguisse, imposemi ch'io facesse il disteso di quel teorema, per la difficoltà che gli arrecava la sua cecità nell'esplicarsi dove occorreva usar figure e caratteri; e di questo ne mandò più copie per l'Italia et in Francia alli amici suoi. Per una simil occasione di dubitare mi aveva ancora esplicato una sua considerazione o dimostrazione sopra la 5a e 7a definizione del quinto libro d'Euclide, dettandola a me dopo in dialogo per inserirla in detto suo libro appresso la prima proposizione del moto equabile, quando si fosse ristampato; et è quell'istessa dimostrazione che, a richiesta di V. A. S., fu poi distesa dal Sig.r Evangelista Torricelli, che l'aveva sentita dal medesimo Sig.r Galileo.