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fece con maraviglia vedere la grandezza di Dio e le miracolose operazioni della natura. In tanto, non perdonando né a fatiche né a spese, studiava nella perfezione del primo strumento, detto il telescopio o volgarmente l'occhiale del Galileo; e conseguitala a gran segno, lasciando di rimirar gl'oggetti terreni, si rivolse a contemplazioni più nobili.

E prima, riguardando il corpo lunare, lo scoperse di superficie ineguale, ripieno di cavità e prominenze a guisa della terra. Trovò che la Via Lattea e le nebulose altro non erano ch'una congerie di stelle fisse, che per la loro immensa distanza, o per la lor piccolezza rispetto all'altre, si rendevano impercettibili alla nuda e semplice vista. Vidde sparse per lo cielo altre innumerabili stelle fisse, state incognite all'antichità: e rivolgendosi a Giove con altro migliore strumento, ch'egli s'era nuovamente preparato, l'osservò corteggiato da quattro stelle, che gli s'aggirano intorno per orbi determinati e distinti, con regolati periodi ne' lor moti; e consecrandogli all'immortalità della Ser.ma Casa di V. A., gli diede nome di Stelle o Pianeti Medicei: e tutto questo scoperse in pochi giorni del mese di Gennaio del 1610 secondo lo stile romano, continuando tali osservazioni per tutto 'l Febbraio susseguente; quali tutte manifestò poi al mondo per mezzo del suo Nuncio Sidereo, che nel principio di Marzo pubblicò con le stampe in Venezia, dedicandolo all'augustissimo nome del Ser.mo Don Cosimo, Gran Duca di Toscana.

Queste inaspettate novità publicate dal Nunzio Sidereo, che immediatamente fu ristampato in Germania et in Francia, diedero gran materia di discorsi a' filosofi et astronomi di que' tempi, molti de' quali su 'l principio ebbero gran repugnanza in prestargli fede, e molti temerariamente si sollevarono, altri con scritture private et altri più incauti sin con le stampe , stimando quelle vanità e delirii o finti avvisi del Sig.r Galileo, o pure false apparenze et illusioni de' cristalli; ma in breve gl'uni e gl'altri necessariamente cedettero alle confermazioni de' più savii, all'esperienze et al senso medesimo. Non mancarono già de' così pervicaci et ostinati, e fra questi de' constituiti in grado di publici lettori , tenuti per altro in gran stima, i quali, temendo di commetter sacrilegio contro la deità del loro Aristotele, non vollero cimentarsi all'osservazioni, né pur una volta