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muoversi questi ed altri infiniti per le infinite diverse inclinazioni, si troveranno sempre successivamente nelle medesime circonferenze, fatte maggiori e maggiori in infinito. Dalle due specie dunque di moti, delle quali la natura si serve, nasce con mirabil corrispondente diversità la generazione di cerchi infiniti: quella si pone, come in sua sede e principio originario, nel centro d'infiniti cerchi concentrici; questa si costituisce nel contatto subblime delle infinite circonferenze di cerchi, tutti tra loro eccentrici: quelli nascono da moti tutti eguali ed equabili; questi, da moti tutti sempre inequabili in se stessi, e diseguali l'uno dall'altro tutti, che sopra le differenti infinite inclinazioni si esercitano. Ma più aggiunghiamo, che se da i due punti assegnati per le emanazioni noi intenderemo eccitarsi linee non per due superficie sole, orizontale ed eretta, ma per tutti i versi, sì come da quelle, cominciandosi da un sol punto, si passava alla produzzione di cerchi, dal minimo al massimo, così, cominciandosi da un sol punto, si verranno producendo infinite sfere, o vogliam dire una sfera che in infinite grandezze si andrà ampliando, e questo in due maniere: cioè, o col por l'origine nel centro, o vero nella circonferenza di tali sfere.
SALV. La contemplazione è veramente bellissima, e proporzionata all'ingegno del Sig. Sagredo.
SIMP. Io, restando al meno capace della contemplazione sopra le due maniere del prodursi, con li due diversi moti naturali, i cerchi e le sfere, se bene della produzzione dependente dal moto accelerato e della sua dimostrazione non son del tutto intelligente, tuttavia quel potersi assegnare per luogo di tale emanazione tanto il centro infimo quanto l'altissima sferica superficie, mi fa credere che possa essere che qualche gran misterio si contenga in queste vere ed ammirande conclusioni; misterio, dico, attenente alla creazione dell'universo, il quale si stima essere di forma sferica, ed alla residenza della prima causa.
SALV. Io non ho repugnanza al creder l'istesso. Ma simili profonde contemplazioni si aspettano a più alte dottrine che le nostre: ed a noi deve bastare d'esser quei men degni artefici, che dalle fodine scuoprono e cavano i marmi, ne i quali poi gli scultori industri fanno