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bisogna poter crescere in infinito la forza da applicarsi in D per pareggiar la resistenza in F. Ma all’incontro, secondo che cresce la distanza FE sopra la CB, convien diminuire la forza in E per pareggiare la resistenza in F: ma la distanza FE in relazione alla CB non si può crescere in infinito col ritirar il sostegno F verso il termine D, anzi né anco il doppio: adunque la forza in E per pareggiare la resistenza in F sarà sempre più che la metà della forza in B. Comprendesi dunque la necessità del doversi agumentare i momenti del congiunto delle forze in E, D infinitamente per pareggiare o superar la resistenza posta in F, secondo che il sostegno F s’andrà approssimando verso l’estremità D.
SAGR. Che diremo, Sig. Simplicio? non convien egli confessare, la virtù della geometria esser il più potente strumento d’ogni altro per acuir l’ingegno e disporlo al perfettamente discorrere e specolare? e che con gran ragione voleva Platone i suoi scolari prima ben fondati nelle matematiche? Io benissimo avevo compreso la facultà della leva, e come crescendo o sciemando la sua lunghezza, cresceva o calava il momento della forza e della resistenza; con tutto ciò nella determinazione del presente problema m’ingannavo, e non di poco, ma d’infinito.
SIMP. Veramente comincio a comprendere che la logica, benché strumento prestantissimo per regolare il nostro discorso, non arriva, quanto al destar la mente all’invenzione, all’acutezza della geometria.
SAGR. A me pare che la logica insegni a conoscere se i discorsi e le dimostrazioni già fatte e trovate procedano concludentemente; ma che ella insegni a trovare i discorsi e le dimostrazioni concludenti, ciò veramente non credo io. Ma sarà meglio che il Sig. Salviati ci mostri secondo qual proporzione vadian crescendo i momenti delle forze per superar la resistenza del medesimo legno secondo i luoghi diversi della rottura.