Pagina:Le opere di Galileo Galilei VIII.djvu/171

la sola gravità dell’istesso solido: ora voglio che discorriamo alquanto de i medesimi prismi e cilindri quando fussero sostenuti da amendue l’estremità, o vero che sopra un sol punto, preso tra le estremità, fusser posati. E prima dico, che il cilindro che gravato dal proprio peso sarà ridotto alla massima lunghezza, oltre alla quale più non si sosterrebbe, o sia retto nel mezo da un solo sostegno o vero da due nelle estremità, potrà esser lungo il doppio di quello che sarebbe, fitto nel muro, cioè sostenuto in un sol termine.

Il che per se stesso è assai manifesto perché se intenderemo, del cilindro che io segno ABC, la sua metà AB esser la somma lunghezza potente a sostenersi stando fissa nel termine B, nell’istesso modo si sosterrà se, posata sopra ’l sostegno G, sarà contrappesata dall’altra sua metà BC. E similmente, se del cilindro DEF la lunghezza sarà tale, che solamente la sua metà potesse sostenersi fissa nel termine D, ed in consequenza l’altra EF fissa nel termine F, è manifesto che posti i sostegni H, I sotto l’estremità D, F, ogni momento che si aggiunga di forza o di peso in E, quivi si farà la rottura.

Quello che ricerca più sottile specolazione è quando, astraendo dalla gravità di tali solidi, ci fusse proposto di dovere investigare se quella forza o peso che, applicato al mezo d’un cilindro sostenuto nelle estremità, basterebbe a romperlo, potrebbe far l’istesso effetto applicato in qualsivoglia altro luogo, più vicino all’una che all’altra estremità: come, per esempio, se volendo noi rompere una mazza, presola con le mani nell’estremità ed appuntato il ginocchio in mezo, l’istessa forza che basterebbe usare per romperla in tal modo, basterebbe ancora quando il ginocchio si puntasse non nel mezzo, ma più vicino all’un de gli estremi.

SAGR. Parmi che ’l problema sia toccato da Aristotele nelle sue Questioni Mecaniche.