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ridotto in tale stato ancipite; sì che ogni maggiore, oppresso dal proprio peso, si spezzerà, ed ogni minore no, anzi potrà resistere a qualche aggravio di nuova violenza, oltre a quella del proprio peso. Sia prima il prisma CE, simile e maggiore di AB: dico, questo non poter consistere, ma rompersi, superato dalla propria gravità. Pongasi la parte CD lunga quanto AB: e perché la resistenza di CD a quella di AB è come il cubo della grossezza di CD al cubo della grossezza di AB, cioè come il prisma CE al prisma AB (essendo simili), adunque il peso di CE è il sommo che possa esser sostenuto nella lunghezza del prisma CD; ma la lunghezza CE è maggiore; adunque il prisma CE si romperà. Ma sia FG minore: si dimostrerà similmente (posta FH eguale alla BA), la resistenza di FG a quella di AB esser come il prisma FG al prisma AB, quando la distanza AB, cioè FH, fusse eguale alla FG; ma è maggiore; adunque il momento del prisma FG posto in G non basta per romper il prisma FG.

SAGR. Chiarissima e breve dimostrazione, concludente la verità e necessità di una proposizione che, nel primo aspetto, sembra assai remota dal verisimile. Bisognerebbe dunque alterare assai la proporzione tra la lunghezza e la grossezza del prisma maggiore, con l’ingrossarlo o scorciarlo, acciò si riducesse allo stato ancipite tra ’l reggersi e lo spezzarsi; e l’investigazione di tale stato penso che potesse esser altrettanto ingegnosa.

SALV. Anzi più presto d’avvantaggio, come anco più laboriosa; ed io lo so, che vi spesi non piccol tempo per ritrovarla, ed ora voglio participarvela.


Dato dunque un cilindro o prisma di massima lunghezza da non esser dal suo proprio peso spezzato, e data una lunghezza maggiore, trovar la grossezza d’un altro cilindro o prisma che sotto la data lunghezza sia l’unico e massimo resistente al proprio peso.

Sia il cilindro BC massimo resistente al proprio peso, e sia la DE lunghezza maggiore della AC: bisogna trovare la grossezza del cilindro che