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12 avvertimento.


Alla prossima pubblicazione di questo suo lavoro Galileo accenna ripetutamente nel Dialogo dei Massimi Sistemi1: ma sebbene anche dopo il suo rimpatriare egli fosse tornato, e a varie riprese, sopra gli argomenti trattati nell’opera ch’egli ideava, come fanno fede i frammenti, che ad essa attengono, pervenuti insino a noi e che evidentemente risalgono a tempi diversi della sua vita, pure non sembra che alla elaborazione ed all’ordinamento dei materiali raccolti egli si sia applicato di proposito, prima della pubblicazione del famoso Dialogo e avanti che fosse passato il periodo più grave delle sventure a motivo di esso toccategli. Scorrendo pertanto il suo carteggio, troviamo che appena nell’ottobre del 1630 egli informa l’Aggiunti degli acquisti conseguiti nella dottrina del moto2; e che nel settembre del 1632, in occasione di dolersi con Cesare Marsili per la indiscrezione commessa dal Cavalieri intorno alla linea dei proietti, accenna ad un libro di prossima pubblicazione, nel quale avrebbe trattato anche di questa materia3; e un anno dopo, rispondendo ad una lettera d’Andrea Arrighetti, che gli inviava, in seguito a richiesta avutane, due proposizioni concernenti le resistenze dei solidi, scrive d’aver per le mani un trattato intorno a quest’argomento4. Con maggior precisione sotto il 7 marzo 1634 scriveva ad Elia Diodati d’essersi trattenuto cinque mesi in casa dell’Arcivescovo di Siena, «trattato da padre da Sua Signoria Illustrissima, ed in continue visite della nobiltà di quella città; dove composi un trattato di un argomento nuovo, in materia di mecaniche, pieno di molte specolazioni curiose ed utili5»; e gli amici, venutine in cognizione, lo sollecitavano a pubblicarlo6. Finalmente, pochi mesi dopo scriveva a Fra Fulgenzio Micanzio: «Il trattato del moto, tutto nuovo, sta all’ordine; ma il mio cervello inquieto non può restar d’andar mulinando, e con gran dispendio di tempo, perchè quel pensiero che ultimo mi sovviene circa qualche novità, mi fa buttare a monte tutti i trovati precedenti7».

La notizia degli studi ai quali stava attendendo Galileo aveva varcato i confini d’Italia ed era giunta a Giovanni Pieroni, già suo familiare e fors’anco disce-

  1. Le Opere di Galileo Galilei. Edizione Nazionale, vol. VII, Firenze, tip. di G. Barbèra, 1897, pag. 477, 489.
  2. Lettera di Niccolò Aggiunti a Galileo del 28 ottobre 1630 (Mss. Gal., Par. VI, T. XI, car. 148).
  3. Archivio Marsigli in Bologna.
  4. Lettera del 27 settembre 1633. Cfr. Opere di Galileo Galilei. In Padova, nella Stamperia del Seminario, appresso Gio. Manfrè, MDCCXLIV, T. II, pag. 346.
  5. Nuovi studi galileiani per Antonio Favaro. Venezia, tip. Antonelli, 1891, pag. 251-252 (Bibl. Nazionale di Parigi, Fond Peiresc, 9531, car. 113). — Vedi anche la lettera di Mario Guiducci a Galileo dell’8 ottobre 1633 (Mss. Gal., Par. VI, T. XII, car. 35). Col Guiducci pare che Galileo mantenesse corrispondenza intorno al lavoro che andava proseguendo: questo almeno risulterebbe dalle lettere del Guiducci stesso al Maestro del 3, 10 e 24 settembre 1633 (Mss. Gal., Par. VI, T. XII, car. 23, 27, 31).
  6. Lettere a Galileo di Mario Guiducci del 15 ottobre 1633 (Bibl. Estense di Modena, Autogr. Campori. Busta LXXVII, 137); di Francesco Stelluti del 22 novembre 1633 (Ibidem, Busta XC, 146); di Bonaventura Cavalieri del 10 gennaio 1634 (Mss. Gal., Par. VI, T. XII, car. 43), e di Fulgenzio Micanzio del 28 gennaio 1634 (Mss. Gal., Par. VI, T. XII, car. 49).
  7. Lettera di Galileo a Fulgenzio Micanzio del 19 novembre 1634 (Bibl. Marciana, Cl. XI It., cod. XLVII, car. 1).