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712 esercitazioni filosofiche


di sei in sei ore: o con quell’altro filosofo che, stimando animato il mondo di anima estoensa e corporea, sì che fusse anco organica, ponendo il sito delle nari nel mare, dall’espiro volea che procedesse il flusso, e dal respiro il reflusso: opinioni tutte ridicole, ed in questo poco inferiori alla vostra.

Ecco la somma delle vostre dottrine, con quelle osservazioni che più sinceramente, per intelligenza del vero, non per detrarre al vostro sapere, da me si sono potuto addurre: per ultima chiusa delle quali voglio memorar di novo un punto, che ad altre occasioni ho altre volte toccato, ed è questo. Nel principio vantaste sposso di voler proceder talmente per vie sensibili, che Aristotile (il quale in questa maniera promise ed insegnò che si procedesse) avrebbe mutato opinione, ì avendo visto che così avete osservato voi e non egli; e nondimeno nel progresso sete sempre così stato lontano ed estraneo da questo stil di procedere, che (tolta via una posizione sola, solo credibile, non scienziale, cioè delle cose che affirmate veder in cielo col telescopio) tutte le controversali direttamente ripugnano alla cognizion sensitiva, come può ciascun veder da sè stesso e come espressamente dite voi medesimo a car. 325 [pag. 355, lin 8-33] parlando della dottrina del Copernico (che è questa istessa che voi suscitate o commentate), che si sia resa credibile o maravigliosa a molti centra ogni sensata esperienza, ma con le pure raggioni. Alcune vostre dimostrazioni, che non mancano di speculazioni bellissime, perchè non vanno contro l’assunto Aristotelico (il quale solamente, per esercizio alla mia professione convenevole, mi ho preso ad esaminare e difendere), non ho voluto toccare: già non intendo pregiudicare al giusto, a quanto dite di buono e fuor dell’intrapresa controversia; nè ho alcun fine di offendervi, anzi di onorarvi per quanto so e posso, con ogni candidezza di cuore e di opere.

Il Fine.


Voi, Sig. Rocco, mi forzate a darvi ogni satisfazione in molti luoghi del vostro libro, ma in particolare alla fac. 195 [pag. 694, lin. 27-29], dove, con certa quasi comminazione, mi dite così  1: Di grazia, venite alle cagioni particolari, se non volete che i vostri dogmi siano fregiati col titolo più tosto di vana loquacità che di ponderata filosofia; e nella seguente faccia [pag. 695, lin. 15-18] con termine più modesto più mi provocate a rispondervi, dicendo: Mostratemi, vi prego, caro Sig. Galileo (che non ho in verità, non ho, per Dio, altro fine che d’imparare), mostratemi i grandi assurdi di questa posizione (che abbozzo, che accenno solamente, e ne lascio

  1. mi dite: Di grazia. M