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688 | esercitazioni filosofiche |
lo tengono pei indubitato, e pur repugna al senso e quasi alla capacità istessa dell’intelletto. Nondimeno in alcuni gravi di materia men terrea o men pesante, come sono tavolo ed altro, se ne vede, se non a pieno (per il difetto sudetto del senso), almeno a porzione, esperienza sensata e convenevole; ed io già con il prenominato parziale di queste vostre dottrine lo pratticai di vista, e la dottrina di Aristotile vi corroborai.
Dite (a car. 230 [pag. 261, lin. 29-31]), di aver così per naturale il moto in su di gravi per l’impeto concepito, come il moto in giù dependente dalla gravità, anzi che de’ due moti, l’uno chiamato naturale, l’altro violento, sia un solo principio naturale, e, per conseguente, quel che vien detto violento, non sia tale in effetto; e ne apportate essempi diversi, come del grave percosso in Terra, che dall’istessa virtù che giù lo spinse, per riflessione lo ribalza in su. Parimente, se la Terra fosse perforata per un pozzo che passasse per il centro di essa, una palla di artiglieria, lasciata cader in giù, da principio intrinseco naturale si condurebbe al centro, e colà giunta continuerebbe di moversi, e sarebbe andare all’insù, cioè verso il cielo dall’altra banda, e questo è detto moto violento: dunque proviene da principio naturale etc. In oltre, una palla di legno, descendendo impetuosa dall’aria nell’acqua, continuando la sua scesa per longo tratto si sommerge; e pur è contra la natura del legno, la quale ò di nuotar sopra l’acque. Ed in una parola (aggiungo io), tutti i proietti che cominciano col moto naturale, e per quel che diciamo violento si riflettono, hanno da un intrinseco principio solo l’uno e l’altro moto; dunque sono ambi naturali. Onde sarà anco falsissimo quel che dice Aristotile, che sia violento quello il cui principio è esterno, essendo questi tali moti, detti da noi violenti, da interno principio.
Or io con brevità vi rispondo, che propriamente solo quel moto deve dirsi naturale, che immediate da principio naturale senza concorso di alcuno estraneo agente o impedimento proviene, ed è ordinato dalla natura del mobile a conseguir il fine overo il termine naturalmente dovutogli; che se poi trova impedimento, per quello (che è ed al mobile ed al moto medesimo estrinseco) degenera e s’imbastardisce, anzi muta natura e diventa violento, talchè non ha il principio medesimo che aveva: e così non è l’istesso principio del moto naturale e del violento, come voi stimate. Il violento, all’opposito, nè immediate dall’interno principio proviene, nè al termine naturale è ordinato, ma sempre estraneo, sempre repugnante all’acquisto di esso termine. Meglio però sarò inteso, se discenderò a i particolari de’ vostri essempi.
A quel dunque del grave cadente riflesso, come una palla da giuocare che percossa in Terra ribalza, vi dico che quel moto all’insù non procede dall’istesso principio da cui procedette quello all’ingiù; poichè quello fu causato dalla gravità naturale del proietto, aiutata forse dall’impeto del proiciente (che poco però importa), ma quello all’insù del ribalzo viene dall’estrinseco riverberante, che