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di antonio rocco. | 687 |
Se questo fusse vero, seguirebbe che, «lasciate nell’istesso momento cader due palle della medesima materia, una di cento libre, l’altra di una, dall’altezza di cento braccia, la grande arrivi in Terra prima che la minore sia scesa un sol braccio, al che non può accomodarsi l’imaginazione, cioè che la grande sia giunta in Terra quando la picciola sia ancora a men d’un braccio vicina alla sommità della torre». Alla quale obiezzione io rispondo che la posizione d' Aristotile è buona, e voi dovreste solver la sua ragionepostille 1, e poi argomentargli contra. Ditemi, per vita vostra, se l’effetto reale inseparabile della gravità e tender all’ingiù, perchè, ove più gravità si trova, ivi non ha da accelerarsi ìpiù il moto del corpo cadente, e così sempre a porzione, eccetto se occorresse estraneo impedimento? sopra quali ragioni più certe sono fondate tutte le verità delle misure infallibili de’ pesi, che sopra di questa irrefragabile? Nè la vostra instanza è di momento alcuno, ma è manchevole per il difetto del senso, conciosia che il tempo nel quale si passa il spazio da i due gravi predetti è sì breve, che non può dalla vista esser con sì fatte proporzioni divisopostille 2; anzi, per esser ella debile, nella velocità di moti velocissimi tal ora per spazio grande e notabile non scorge diversità alcuna di tempo, come si vede chiaramente nel tiro di un archibugio o bombarda, che ha con la palla toccato il segno quando appena si è vista scoccare. Così per la tardità non vediamo il moto che fa un raggio de gli orologii che mostran Yl’ore, quantunque alle volte sia di quantità non mediocre; e per distanza convenevole le navi velocemente mosse da i venti e da i remi si mostrano parimente immote. E voi vorreste le predette velocità in spazio tanto breve misurarle così agiatamente, come se quei mobili si movessero col passo della testuggine? Quanta poi sia questa velocità, quanto, per conseguente, brevissimo e quasi impercettibile, e difficile o più tosto impossibile da misurarsi o distinguersi da noi, il tempo de’ due predetti cadenti, lo cavo dalla dottrina vostra medesimapostille 3. Dite che la distanza dal concavo lunare al centro della Terra sia di miglia 196000, e che si passerebbe in ore 3, minuti 22, e 4 secondi: or cento braccia di spazio, che sono meno della decima parte di un miglio, in qual momento di tempo (per così dire) secondo il vostro computo si passeranno? e come dividerete l’impercettibile? Ben sono in sè stesse ammirande l’opre della natura, ed eccede la ragione la cognizione tardissima dei senso! È vera (dico) per tanto secondo la ragione dimostrativa la proposizion d’Aristotile, ma non è misurata adequatamente dal senso; nel modo appunto che i matematici, con la miglior parte de’ filosofi, vogliono che in ogni continuo siano parti infinite, e