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di antonio rocco. 677


tro; non considerando che l’avvicinarsi od il star egualmente distanti in un tempo da un segno, o l’esser portato intorno e direttamente in un modo medesimo, contradice, come ho anco accennato. Essendo dunque assolutamente impossibile, anzi inimaginabile, che possa una gran machina di pietre esser per un istante sostentata dall’aria, cedontissima e quasi di ninua resistenza, non potrà nè anco esser portata in giro con velocità eguale al moto della Terra. E se direte che la sostenta e che la porta, sopra questa vostra sostentazione e portata io con consequenza buona fabricai castelli e città in aria, stabili quanto sono i vostri fondamenti sopra i quali son fondati sì ammirandi edificii. Che un sasso cadente dall’albero della nave corrente venga direttamente al piede dell’albero, io non lo credo; e quando lo vedessi, m’ingegnerei trovargli altra cagione che la rivoluzion della Terrapostille 1, e questa sarebbe la immensa velocità di quel sasso, non conosciuta distintamente in sì breve spazio dalla tarda facilità sensitiva, con qualche aiuto del striscio che farebbe la pietra circa l’albero, etc. Per venir poi ad un vostro disegno di impugnar la dottrina di Aristotile, tirate il vostro Simplicio ad imporvi un supposito che non faceste mai, cioè che quel sasso, che casca da alto a basso, riceva il moto da virtù impressa dal proiciente, e la qual virtù (dice l’istesso Simplicio) è tanto esosa nella peripatetica filosofia, quanto il passaggio di alcuno accidente d’uno in un altro soggetto; ma ben è vero che, secondo l’istessa peripatetica filosofia, il proietto vien portato dal mezo; e però se quel sasso, lasciato dalla cima dell’albero, dovesse seguire il moto della nave, bisognarebbe attribuire tal effetto all’aria, e non a virtù impressagli: ma voi supponete che l’aria non sèguiti il moto della nave, ma sia tranquilla. Oltre che colui che lo lascia cadere, non lo ha da scagliare nò dargli impeto col braccio, ma deve semplicemente aprir la mano e lasciarlo: e così, nè per virtù impressa dal proiiciente, nè per beneficio dell’aria, potrà il sasso seguire il moto della nave, e però resterà in dietro.» Sin qui Simplicio.

Or qui (dico io) consideriamo alcune cose. Prima, voi non avete mai supposto che il sasso cadente sia scagliato, ma che semplicemente cada, onde non gli avete mai attribuita virtù impressa dal proiiciente; sì che vi prendete un supposto falso e fuora d’ogni proposito. Seconda, che fate imponere ad Aristotile che il mezo porti le cose proiette; anzi, por impugnar questa posizione (che avete stimato facile da fare), son state fatte da voi tante stirature, e con molte ragioni rendete quasi esausta la vostra faretra di quadrella e di dardi. Ed io intorno a questo vi rispondo, che non è dottrina altrimenti d’Àristotile che i proietti siano portati dal mezo, ma sì bene da virtù impressagli dal proiiciente, come ho chiaramente mostrato con sua dottrina nell’ottavo della Fisica; e più ampiamente sono apparecchiato di mostrare in qual maniera concorra il mezo, e per sentenza di

  1. E chi, balordone, introduce qui la revoluzion della Terra?