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di antonio rocco. | 659 |
dendo in giro; e pur maggior repugnanza è fra il moto rotto ed il circolare, che fra l’un circolare c l’altro. E voi stesso concedete alla Terra tre moti insieme, non meno oppositi che i predetti del cielo. Di modo che (tornando a riconcluderc in universale), nè per causa di termini, nè per unità, pura di spazio, nè per opposizion di mobili, nè per identità di poli, hanno i celesti moti contrarietà fra loro; ed all’opposito, per communicazione di beni, per diversità di effetti, por connessione di operare, per dipendenza ed ordine ad un primo, gli inferiori devono partecipare il moto del più nobile: e così esso, e non la Terra, è ragionevolissimo che si mova, o che i cieli dalla Terra dipendano ed ella sia il primo mobile. Or dite pur voi.
6. L’ordine che, dite, si servarebbe ponendo la Terra mobile, non è di alcun momento, nè convenevole al fatto presente de i moti celesti, nè concordante con l’altre vostre posizioni. Già voi dite che secondo che un orbe è maggiore, finisce il suo rivolgimento in tempo più lungo, etc. Ciò (dico) non è universalmente vero, e perciò l’ordine non è invariabile, nè da voi si potrà tirar giusta la conseguenza del vostro intento. Venere e Mercurio (come riferiscon di commun consentimento gli astronomi) si movono in tanto tempo in quanto si move il Sole; overo in tempo uguale fra loro, che basta, già che voi ponete il Sole immobile: e pure non sono questi orbi eguali, ma di gran mole ineguali, ed eccedenti o eccessi, come sapete benissimo. Meglio sarà per tanto ponere l’ordine che Aristotile assegna, non però del tutto invariabile, ma assai men fallace del vostro. Dice egli, dunque, che per ciò il moto di Saturno sia più tardo, perchè, come più vicino al primo mobile, viene dalla rapidissima velocità di quello (che lo rivolta dal suo naturale altrove) più potentemente impedito, e secondo che gli altri più da tal impedimento o ritardanza, da quel primo causata, si allontanano, così hanno il moto lor naturale più celere: la qual ragione assai confacevole e probabile, quantunque forse patisca qualche obiezzione (già egli in materie così oscure e difficili non pretende far dimostrazioni evidenti), e però assai più verisimile della vostra, e suppone miglior ordine, ne i corpi e moti celesti. È ben vero che esso, insieme con Platone ed altri famosi filosofi, pone per primo mobile l’ottava sfera stellata, alla qual posizione non si farebbono facilmente tante opposizioni quante possono farsi a coloro che sopra di essa pongono altri orbi pur mobili: e (per dirla) mi è sempre questo pensiero sommamente piaciuto, per una special congruenza della nobiltà del primo cielo, stimato sede di Dio, corpo divino ed alla vera divina grandezza (per quanto può sustanza corporea finita, all’infinito purissimo immateriale attarsi) proporzionato: e già a questo gli filosofi e gli astrologi attribuiscono i principali influssi e le più nobili operazioni. Egli, quasi regai teatro, al cospetto di quell’onnipotentissimo Monarca, fa pomposa mostra di lampadi innumerabili, eterne, inestinguibili; egli per meraviglia attrae, e quasi rende stupidi, gli occhi e la mente de’ risguardanti; di lui son