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di antonio rocco. | 647 |
ossa e noi che la rimiriamo, io vi dico che la distanza può ben mostrar denegrati gli altri colori, ma mostrar bianchi i negri, non è possibile. L’acque limpidissime, per la lor profondità (in cui s’inchiude spazio e distanza) si mostrano in maniera cerulee, che par quasi negreggino; il verde, il flavo, il purpureo, in lontananza, appaiono quasi del tutto negri. E la cagione universale è, che la lontananza apporta perdita e privazion nella conoscenza dell’oggetto visibile, tanto per parte delie sue specie, che languiscono, quanto per la potenza visiva, che è terminata di virtù e defettiva; ed essendo il color negro quasi una privazione de gli altri colori, come le tenebre dell luce, quelli, rimirati da lontano, necessariamente nel negro degenerano; ma che esso apparisca bianco, sarebbe un acquistar vigore nel mancamento: di modo che se la Luna in cielo sarà negra, per niuna cagione vedrassi bianca; e se voi bianca la vedete fra le nuvole, errate dicendo esser negra, e tanto più è inescusabile il vostro errore, quanto che ogni sforzo delle vostre nove dottrine è fondato nella certezza della potenza visiva; sì che se vi farete convenevole dir negro a quel che vedete bianco, noi altri, con più ragione, diremo esser larve ed imaginazioni fantastiche quelle che vi si mostrano dal vostro telescopio. Già è cosa indubitata che il senso meno s’inganna circa l’oggetto proprio che circa il commune; conosce meglio l’occhio il colore, che la quantità o il numero: e pur in grande approssimazione nel colore, secondo voi, s’inganna (o pur non conformate l’intelletto col senso nella cognizion sensitiva, che è peggio); e nel veder inegualità e scoscesi che sormontano, o almeno non così appartengono al suo potere, avrà operazioni infallibili e senza errore? Che sia la Luna men lucida che la Terra (essendo ambe due risguardate dal Sole), perchè il suo lume riflesso è più debile di quello che sia riflesso dalla Terra o dal muro, è argomento che pecca in proporzione, perciò che voi ponete il lume riflesso dal muro vicinissimo, e lontanissimo quel della Luna; e sarebbe il simile che diceste: Una stella ci si mostra men lucida e men grande di una facella, dunque è di lei men grande e men lucida. E ditemi, per vostra fè, se vi allontanante anco per mediocre distanza dal lume riflesso del muro, non diviene egli debolissimo e quasi insensibile? se in una gran sala, ove non entri egli eccetto che per un’ampia fenestra, reflessogli da vicino parete lustro e sopramodo illuminato dal Sole, vi ritrarete nell’estremo, nella maggior lontananza (dico) della fenestra, avrete qui lume intenso, o più tosto un barlume e forse anco tenebre pure? e nella somma distanza, dalla Luna alla Terra, voreste che si servasse quasi senza diminuzione il lume solare, con proporzione così sproporzionata dal sommo propinquo al sommo distante V? e vi paiono questi argomenti da fondar nove dottrine?
17. La conseguenza che inducete, parto naturale delle sue premesse, è non meno difettosa di loro. Io per tanto direi, che, sì come la Terra è più oscura della Luna, così il lume che ad essa riflette sia più debile e men distinto, e