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636 | esercitazioni filosofiche |
rebbe invisibile, o da una particella solo visibile; talchè, reflettendocili da ogni banda, è necessariamente aspra.
10. La cagione perchè nel scabro si vegga il lume per tutto e nel terso no, è (dite voi) questa: perchè «l’esser aspra la superficie, è l’istesso che esser composta d’innumerabili superficie piccolissime, disposte secondo innumerabili diversità d’inclinazioni, tra le quali diversità accade che ne siano molte disposte a mandar i raggi, riflessi da loro, in un tal luogo, molt’altre in un altro; ed in somma non è luogo alcuno al quale non arrivino moltissimi raggi riflessi da moltissime superficiette sparse per tutta l’intiera superficie del corpo scabroso, sopra il quale cascano i raggi luminosi»: dal che nasce che da ogni parte in cui si ricevono i raggi incidenti, vengono anco i riflessi. Ma la sferica e liscia li raccoglie quasi in un punto; e perciò ne i corpi bruniti si vede per tutto oscuro, eccetto che da una minima parte, non essendo ivi la diversità delle superficie, etc.
11. Proponete inoltre due dubbi curiosi. L’uno è, perchè la maggior inegualità di superficie abbia da far più potente riflessione di lume.
12. L’altro, perchè i Peripatetici vogliano questa esatta figura circolare ne i corpi celesti; ed al proposito, nella Luna. Al primo rispondete, che ciò avviene per cascar i raggi retti sopra di quelle parti, e nell’altre obliqui, con una vostra dimostrazione.
13. E della Luna aggiungete, che se ella fusse tersa, nel plenilunio le parti verso il mezo ci si dovrebbono mostrar più illuminate che l’altre verso la circonferenza, essendo quelle per angoli retti, e queste per obliquissimi risguardate; il che non si vede; dunque le sue parti sono inequali. Onde secondo diverse elevazioni possono opporsi direttamente a i raggi del Sole, come varie montagne, e perciò apparir tutte ugualmente illuminate: nè perciò si vedrebbono oscurità di valli, overo ombre di montagne fraposte, perchè ovunque direttamente rimira il Sole, ivi non può esser ombra di sorte alcuna: dunque la Luna, così rimirata, non mostrerebbe queste ombre.
14. All’altro dubio rispondete, in persona di Simplicio, che l’esser i corpi celesti ingenerabili, incorruttibili, inalterabili, impassibili, immortali etc, fa che siano assolutamente perfetti in ogni genere di perfezzione; e perciochè la figura sferica è anco ella perfetta, deve questa perfezzione attribuirsi a i cieli. La qual risposta è impugnata da voi, insinuando, prima, che perciò la figura sferica non si mostri come causa o requisito necessario di questa incorruttibilità. Al che risponde Simplicio, accostandosi alla parte affirmativa: e voi argutamente soggiungete, che se ciò fusse vero, sarebbe in poter nostro il fare incorruttibili i legni, la cera ed ogn’altra materia ridotta in figura sferica; anzi, che in ogni figura ritrovandosi inclusa la sferica, già che per ogni parte può designarsi, potrebbe ogni cosa rendersi incorruttibile.