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di antonio rocco. | 629 |
non di qualche punto di legge o di altri studi umani, ma di conclusioni naturali e necessarie, non gli vai l’arbitrio umano, non sottigliezza d’ingegno etc. Ed io dico che in ogni controversia una sola è la verità; ed in questa presente, per esser di cose naturali, ma remotissime in mille maniere da noi e dalla nostra conoscenza, la sua risoluzione è più incerta e più intrigata che gli enimmi della sfinge Tebana: in modo che l’asserirne per indubitato (eccetto alcune cose communissime, come che i cieli sien quanti, visibili, le stelle lucide, lucidissimo il Sole etc.) è più tosto specie d’indovinare che di filosofare; salvo se non staremo ne gli universali, che all’ora se ne potrà aver cognizione probabile, nel modo io appunto che ce la dà Aristotile. Anzi, nelle materie più difficili, chi ha più bell’ingegno fa apparir i cieli a suo modo, non potendo alcuno mostrargli con evidenza l’opposito: ed io ho sentito un galant’uomo, che in nobil congresso di litterati si prese a difender per scherzo, il cielo esser composto di latte, e lo fece (mercè del suo nobil ingegno) egregiamente, e rispose anco a fortissimi argomenti, senza assurdi notabili e senza veruna contradizzione. Ben sì che delle leggi e delle azzioni umane (come che da cagioni finite, a noi congiunte e da noi dipendenti, provengano), al dispetto d’ogni fecondissimo oratore, sedato però il moto delle passioni, non solamente se ne conosce il vero, ma ne sa dar sentenza risoluta quasi ciascuno. E chi è, per vita vostra, che sentita distintamente una controversia civile, con le ragioni d’ambe le parti, non sappia, presso a poco, scorgere il vero dal falso? e chi, dall’altro canto, fra le innumerabili schiere de gli uomini intelligenti, ha saputo determinar cosa alcuna di certo delle condizioni recondite del cielo? e se ciò fusse, onde nascerebbono tante dispute? tante controversie? E anco in quelli (nol nego) una verità necessaria, ma non vi è chi de gli uomini la conosca: nè basta che sia cognoscibile ed infallibile; che anco Iddio supremo è sommamente cognoscibile, e quasi niente conosciuto da noi. E la nostra povera mente più losca nell’intelligenza delle nature più degne, di quel che siano gli occhi d’una nottola nel veder i raggi del Sole. Ma orsù, se è una verità e conclusion necessaria, talchè sia anco evidente, come voi dite, mostrate l’evidenza, apportate le ragioni e le cause, lasciate il persuader al modo di rettori, e niuno vi contradirà.
11. Ma è tempo che discorriamo di altro. Mentre dunque dite, che molte di tali macchie si vedono nascere in mezo del Sole etc, vi ho risposto che sia allucinazione, e per qual cagione: già la lontananza non lascia distinguer de’ siti, la direzzione ed il moto ci apportano errori, etc. Possono per tanto essere vere nell’esistere, sì che il Sole con la sua virtù ne attragga del continuo sino all’ultima superficie concava dell’orbe lunare, e ne dissolva ancora, come che siano dissolubili; ma l’errore stia nel conoscere i siti, e per l’attrazzione uniforme non possino far parallasse: il che affermo solo probabilmente, non con alcuna temerità nè pertinacia, e confesso giuocar con voi al giuoco della cieca;