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622 esercitazioni filosofiche

il cielo) potrebbono elle esser ordinatamente portate, come si vede da noi: per tanto bisognerebbe dire, che o tutte fossero immobili (se pur non cedessero all’agitazioni violente), o che di moto egualmente veloce si corressero appresso l’una all’altra, rotandosi non intorno al suo centro (come dovrebbe un corpo circolare che per sè stesso si move), ma a guisa di palle da giuocare. Dire che stessero tutte immobili, è posizione ripresa da voi contra Aristotile, per non dir repugnante alla natura ed al senso. Vederle corrersi appresso nel modo predetto, sarebbe un bel spasso: non voglio dirvi stravaganze ripugnantissime a voi medesimo, al vero, al verisimile, e quasi all’imaginario ancora. Oltre di ciò, in materia sì tenue e cedente, non sarebbe alcun inconveniente che una stella intera si corrompesse: perchè, essendo ella della natura del suo orbe (come voi stesso dite contra l’Antiticone), sarebbe sottoposta alle istesse mutazioni; e se ben sia più densa, la sua densità però non potrebbe esser tale che si facesse diversa dal cielo (nel modo che l’aria densa non è del tutto diversa dalla pura); per conseguente si potria corrompere come l’istesso cielo. Anzi sarebbono le stelle più facilmente dissolubili che le comete, quanto il cielo fusse più tenue dell’aria, e quanto che nelle comete si racchiude materia terrea e tenace che le rende durevoli, la quale nelle stelle, a porzione del loro orbe, non potrebbe contenersi. Nè la similitudine che voi apportate della Terra (cioè che mai si veda corrotto l’intero suo globo) è di momento alcuno: perchè si corromperanno più facilmente cento mila parti di un corpo tenue e dissipabile, che una minima di un denso e tenace. Eccovene l’essempio a pennello: sarà un stagno grandissimo di acqua: questo nel mese solo di agosto facilmente del tutto si secca; ed in diece anni, ed in cento, non si sarà corrotta una piccola zolla di dura terra. E se questo è vero dell’acqua, sarà senza comparazione più vero dell’aria, che è più tenue della terra, se ben non così agevolmente si conosce da noi; e molto più saria del cielo, che (per voi) è tenuissimo più dell’aria: talchè non sarebbe inconveniente, anzi forse necessario, che alcuna stella si corrompesse e l’altre si generassino, e forse anco tutte, militando con l’istessa ragione che ciascuna di esse. Sarebbe anco impossibile che questo non si vedesse da noi, essendone il cielo so posto in prospettiva, e le stelle visibili e luminose. Di più, secondo la vostra posizione sarebbe necessario, che in verità se ne russerò generate e corrotte di novo; perchè se a’ tempi nostri si generano e si corrompono (come dite), ed è l’istessa natura celeste ora che fu sempre, avranno per il passato fatto l’istesse continue mutazioni; nel modo che l’altre cose generabili e corruttibili sono sempre sottoposte a queste vicissitudini, e la natura (come è noto a ciascun intendente) opera sempre nell’istessa maniera: e pur niuna di queste mutazioni si è osservata giamai, e tutte le stelle numerate da gli antichi si numerano anco da noi senza diversità di sito fra loro, come ancor voi confessate: qual varietà dunque si sarà fatta nel cielo? qual non potrà esser stata osservata? Il dire che in