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di antonio rocco. 615

se pur da terrestre mistura non sia ritardato: così il caldo in materia più densa sarà più veemente, il freddo, il dolce, l’amaro etc, perchè in quella più raccolta quantità quelli operativi accidenti più si uniscono e sono necessariamente più forti. Il moto per tanto, agente singolare fra gli altri accidenti, dipende effettivamente dalla virtù motrice, o sia dalla forma del corpo mobile o da altro (che non voglio ora entrare in questa disputa), quella indrizza al termine, al luogo prefisso, e secondo che il corpo che deve moversi è più raro o più intenso, così più potentemente vi si imprime esso moto, la potenza o virtù del quale è la velocità e tardità: ed in questo modo quelle virtù motive che di lor natura inclinano al moto retto, in questa disposizion di mole più o manco facilmente lo proseguiscono; quelle tali che ad altro, parimente stabiliscono la sua virtù sopra di queste machine: onde direi, e dico in effetto, che sono indifferenti ad ogni moto, e fondamentalmente servono a tutti; e si vede che i moti circolari artificiali e gli altri, come di ruote o simili, si eseguiscono meglio o peggio conforme alla densità e rarità della materia; onde in questa maniera sono cause accidentali, indifferenti, indeterminate, e nel cielo si accommodano al moto circolare, ne gli elementi al retto, come credo aver dichiarato a bastanza. Ed in questo senso ha parlato Aristotile, nel quarto della Fisica, al testo 86, mentre ha detto: Densum enim et rarum secundum hanc contrarietatem lationis factiva sunt, parlando del moto de gli elementi o del sursum e deorsum, se si potesse far nel vacuo, che del circolare non ha dubio, movendosi (secondo lui) il primo mobile non contenuto da corpo alcuno; e la contrarietà che accenna fra il raro e denso, è parimente occasionale e dispositiva passiva, e tale qual può bastare al moto per virtù principale della forma operante, non che per sè stessa basti nè serva alla corruzzione: di modo tale che, quantunque sia nel cielo il raro e denso, non sarebbe per questo corruttibile, non essendo per sè stesse queste passioni operative, ma sole quantità, come ho ancor detto. Ben sì che il grave e leve producono immediatamente il moto retto all’ingiù ed all’insù, e per lo più il grave è col denso ne i corpi elementari, il leve ne gli medesimi col raro; ma ciò di30 viene dalla virtù supposta e ricevuta nella quantità predetta, onde le virtù attive più o manco s’imprimono. Alcune cose però sono più dense e men gravi, come è manifesto del piombo e del ferro: dal che anco appare che dalla densità non dipende, come effetto proprio, la gravità, nè dalla rarità la leggerezza; altrimenti sarebbono invariabili.

11. La undecima obiezzione, essendo altrove stata indotta e soluta, avrebbe qui inutile repetizione.

12. La comparazione che pretendete fra il discorso d’Aristotile ed il vostro, io la faccio in un tratto ragionevolmente a favor di Aristotile. Egli per mezo di moti investiga la natura de’ corpi mobili, nè meglio può farsi, già che le cagioni remote da i nostri sensi ed incognite, da gli effetti propinqui e conosciuti de-