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610 | esercitazioni filosofiche |
moversi la Terra in giro, ed allora concederò qual più vi aggraderà delle tre indotte conseguenze, cioè che, o anch’ella sia ingenerabile, come i cieli, o quelli corruttibili, come è ella, o che la differenza di Aristotile sia nulla. E questo basti per questa parte.
3. La terza instanza (premesso il fondamento della dottrina d’Aristotile), se bene all’apparenza dimostra qualche vigore, è nondimeno in verità manchevole anch’ella; perchè, quantunque la Terra sia a noi vicinissima e trattabilissima, tutta via il conoscere il suo moto, essendo noi posti in mezo a molti (siano di cieli, per ora, o di altri), ne è quasi, e forse senza quasi, impossibile. Il moto locale si conosce dal variar gli spazii ed i siti; ma quando questi per moti altrui si possono variare, è variabile ed incertissima la lor cognizione. In questo modo nella Terra vediamo questa varietà, e così multiplice, che non sappiamo da chi deriva; ed è sin ora stato universalmente creduto che più tosto ogni altro corpo ne sia cagione, che la Terra: talchè è falsissimo che per la sua vicinità ne sia più cognoscibile il suo moto, che le generazioni e corruzzioni continue che si fanno de’ contrarii; perchè, chi non sa che il caldo estingue il freddo, il dolce l’amaro, il dolore il diletto, etc.? e dall’altro canto, non sapendo alcuno sin adesso, da che il mondo è stato creato, che la Terra si mova, o pur sapendolo pochissimi (per non dir sognandolo), overo essendo di ciò difficilissima controversia, è vanità espressa dir che questo sia più noto di quello, chiamar, dico, più noto quel che da niuno è conosciuto appena cade nell'incertissima opinione, di quel che per sensata cognizione ne è consapevole ogn’uomo; tanto potreste dire, la notte esser più chiara del giorno, le tenebre della luce. E molto maggior stravaganza è la vostra, mentre dite non esser noto se la generazione, correzione e contrarii siano in natura: però di questo errore vi accorgete in parte, già che poco di sotto chiaramente con destrezza lo ritrattate.
4. Alla quarta sareste tanto obligato a risponder voi, quanto il vostro Simplicio, overo ogni Peripatetico, ogni filosofo; poichè se vi par difficile di sapere come da contrarii si generino cento mila moscioni, e professando voi di filosofo, dovreste dichiarare secondo la vostra dottrina come da non contrarii si generino, in qual altra maniera. È facile in vero proporre difficultà e dubii; il solvergli (come egregiamente diceva il sapientissimo Socrate) ha del faticoso, del difficile. Io nondimeno, quanto alla contrarietà in universale, ve ne abbozzerò il modo, ed avrò sodisfatto in qualche parte al vostro quesito: la maniera diversa tocca a voi, e da voi si ricerca; aspetterassi forse sentirla. La contrarietà, dunque, che in ogni generazione, in ogni corruzzione si ricerca, è di due sorte, cioè positiva e privativa: la prima è per qualità repugnanti, nemiche, le quali si trovano nell'agente immediato e nel paziente; la seconda è per il mancamento e per la forma, la quale è propriamente opposizion privativa, ma secondo l’uso delle scole vagliami chiamarla contraria. Eccovene chiaro l’essempio. Se