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di antonio rocco. 591

dall’oggetto, con differenza notabile dalli oggetti operabili, se ben voi ve ne servite con opposita comparazione. Questi mille movimenti e mille centri, che voi ponete, saranno ponderati al suo luogo, cioè dove ne tratterete ex professo: vi dico nondimeno per adesso, che se ben fossero centomila circolari movimenti, purchè siano di corpi ambienti k’un l’altro e perfettamente sferici (come per ora deve supporsi per l’unità dell’universo), misurando dall’ultima superficie convessa del primo continente, uno solamente sarà il centro principale, o mezo che vogliam dire; e questo ha inteso Aristotile per quel della Terra, alla cui posizione basta la conformità dell’ultima superficie concava, che contien gli elementi, in grazia di quali, come di parti ordinate al tutto e diverse dalle celesti, ha parlato; e quando con dimostrazioni veraci voi troverete altri mezi, nè esso nè io negheremo di aver errato. Quanto al numero di moti, il parlar d’Aristotile è generico, onde non di un solo deve intendersi, nel modo che tutte le difinizioni sono universali e communi; basta che tutti i circolari siano intorno al mezo, i retti su e giù, per aver commune una definizione.

La quarta vostra obiezzione è contra la posizione del moto misto, in questa maniera: «Ma per moto composto (dite) e’ non intende più il misto di retto e circolare, che può esser al mondo, ma introduce un moto misto tanto impossibile, quanto è impossibile a mescolar movimenti opposti fatti nella medesima linea retta, sì che da essi ne nasca un moto, che sia parte insù, parte in giù; e per moderar una tanta sconvenevolezza ed impossibilità, si riduce a dire che tali corpi misti si movano secondo la parte semplice predominante; che finalmente necessita altrui a dire che anco il moto fatto per la medesima linea retta è alle volte semplice e tal ora anche composto, sì che la simplicità del moto non si attende più dalla simplicità della linea solamente». Così dite, Sig. Galileo, ed il rispondervi è facilissimo; anzi e la risposta e la difficultà istessa l’ho apportata ancor io espressamente nel primo del Cielo, nè mi rincrescerà ripeterla. Mentre dunque voi dite che per moto composto non intende più il misto di retto e circolare etc., ma un tanto impossibile etc., io non vedo altra impossibilità che quella che voi medesimo vi fabricate, in non voler intendere (non dirò che non sappiate) quel che ha da sè stesso sana facile e convenevolissima intelligenza.

Or sentite.

Dice Aristotile che il moto semplice naturalmente conviene a i corpi semplici, il composto a i composti, e poi soggiunge, i corpi misti moversi secondo il predominio di semplici, come le cose gravi dal predominio dell’acqua o della terra, le levi dell’aria o del fuoco: e qui vedete che alcuni misti non hanno moto naturale diverso da quello de gli elementi, ma solo si movono dal predominio di alcuni di essi. Oltre di questi si trovano altri misti, che necessariamente hanno il moto misto di retto e circolare, o vogliam dir tortuoso. È dunque la dottrina di Aristotile tale: De i moti, altri son circolari, altri retti, altri misti; i circolari