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di antonio rocco. | 585 |
Le gambe, dunque (per tornar all’esame delle vostre posizioni), e gli elementi parimente, per esser due quelle o più, e questi quattro, hanno la perfezzione dall’entità, misurata, non già eonstituita da numeri astratti; e così la trina dimensione del corpo, per cui si rende perfetto, non deve attribuirsi all’astratto, che non ha altro esser che dall’intelletto nostro. E mentre insinuate che in questi numeri astratti, secondo la dottrina mistica di Pittagora, siano rinchiusi altissimi sensi, a bel studio celati al volgo da’ sapienti, e che Platone stesso ammirasse l’intelletto umano, e lo stimasse partecipe di divinità, solo per intender egli la natura de i numeri, io prima vi dico che costoro non parlavano di quantità astratte, ma dei fondamenti loro. Pittagora per tanto poneva per principii di tutte le cose le unità, delle quali si compongono i numeri, e per queste unità intendeva principii talmente primi ed independenti, che non fussero composti di altri, nè in altri risolubili: e tale è veramente la natura e condizione de i veri principii; di modo che la sua dottrina era che le unità overo entità prime indivisibili fussero principii delle cose, proporzionate però a i lor effetti over principiati, ed in questa proporzione, secondo la diversità di gradi entitativi, si formava ne i composti diversa perfezzione, non già dal puro numero astratto: come, per essempio, che i numeri armonici faccino, in tal o tal proporzione congiunti, una tal consonanza o armonia, e che tante voci, con tali disposizioni di acuto o grave, meglio si convengano, ciò non avviene perchè il due o il tre astratto abbia virtù alcuna operativa, ma sì ben la natura di quelle voci, che nel più o meno aggregano virtù diversa e varia armonia; non altrimenti di quel che occorre nelle medicine composte di varii liquori, ove non ha che far nè il ternario nè il quaternario, se non in quanto dinotano tante nature o liquori esistenti. Nè deve parer maraviglia che questi numeri contenessero difficultà e misteri, perchè anco i principii peripatetici ciò contengono, come specialmente è noto di quei che chiamano ultime differenze o principii di individuazione.
De i numeri dunque concreti, non de gli astratti, parlavano i predetti filosofi. Di Pittagora lo dice espressamente Aristotile nel 3° della sua Fisica, al testo 25, con so queste parole: Veruni Pythagorei quidem in sensibilibus; neque enim abstractum faciunt numerum; e se bene voi non credete ad Aristotile nella dottrina, questo però è un punto istorico, conosciuto da lui che era vicino a quei tempi ne i quali erano quelle dottrine in fiori, nè Aristotile l’avrebbe apportato per sua difesa, pronosticando forse le vostre obbiezzioni contro di lui. Pur se non volete accettarlo, non importa: considerate le ragioni. Platone parimente per l’unità intende l’idee. Ve ne apporterei l’istesso testimonio di Aristotile, al testo 22 del 1° della Fisica, il qual, essendo stato discepolo di Platone, quantunque ragionevolmente ributti queste idee, però nel dire che Platone le chiamasse unità non è imaginabile che dica il falso, avendo scritto a i tempi che la dottrina Platonica era notissima, nè questo poteva esser punto di controversia: pur, se nè anco credete, v’apporterò