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di antonio rocco. 583

Per tutte queste cagioni dunque intende aver provato Aristotile che il corpo sia perfetto, contra la qual determinazione primieramente argomenta il Sig. Galileo. Consideraremo per tanto le sue obiezzioni, e vedremo di quanto momento siano: e per più familiar discorso volgerò il parlare con termini riverenti all’istesso Sig. Galileo.

Credete dunque, avanti ogni altra cosa, che Aristotile con la predetta dottrina abbia voluto provare la perfezzione ed integrità del mondo? Ecco le parole vostre formali, a car. 2 [pag. 33, lin. 23 e seg.]: «È il primo passo del progresso peripatetico quello dove Aristotile prova l’integrità e perfezzione del mondo, coll’ additar come ei non è una semplice linea nè una superficie pura, ma un corpo adornato di lunghezza, di larghezza e di profondità etc.». E pure (rispondo io) è manifesto, per la lettera di esso Aristotile (la quale io non ho voluto rescrivere ad unguem per fuggir il tedio; e sanno i dotti che non mento in queste citazioni), che quivi non intende egli provar sin ora in modo alcuno che il mondo sia perfetto, ma sì bene il corpo, che è il suo genere, e da questo metodicamente discendere alla propria perfezzione di esso mondo: come che se alcuno provasse, l’animale esser perfetto, perchè è sostanza animata, non perciò avrebbe provata la perfezzione speciale dell’uomo; anzi, persistendo in questi universali, potrebbe paralogizando conchiudere che l’uomo ed il cane fossero egualmente perfetti, in questa maniera: La perfezzione dell’animale consiste nell’esser sostanza animata sensitiva; il cane e l’uomo sono ugualmente sostanza animata sensitiva; dunque sono egualmente perfetti. Così appunto, se questa fusse la propria perfezzione dell’universo, esso sarebbe egualmente perfetto con un legno, un sasso e simili cose corporee vilissime, avendo ciascuna di esse queste tre assignate dimensioni: è dunque perfezzione questa del genere, la quale è parziale e mancante in comparazione delle sue specie, come vedete nell'essempio sudetto. E mi maraviglio che, essendo voi così rigido censore della dottrina peripatetica ed avendo giudicato questa esser la dimostrazione della perfezzione del mondo, non gli abbiate fatta una istanza così potente ed insolubile, lasciando l’altre di minor vigore, o aggiungendola a quelle, o quelle a questa. Nè mi potrete dire, non esser vero che Aristotile intenda con la predetta dimostrazzione mostrar la perfezzione del corpo, e non quella propria del mondo, ma che sia una esposizione o difesa, perchè nel testo quarto del medesimo capo tutta la dottrina presente si trova, già che, doppo aver mostrato nel modo sudetto che il corpo sia perfetto, aggiunge, questa perfezzione non esser propria dell’universo, ma di ciascun corpo che ha forma o condizion di parte, ma che la propria perfezzione di esso (includendo però la predetta, come la specie include il genere) consiste nel contener tutte le cose, nel non esser terminato da altro corpo, come con tutti gli altri che da esso sono contenuti, onde è detto universo, quasi nella sua unità versi o si racchiudi il tutto. Come poi non sia da niun altro terminato, come rinchiuda il tutto, sì che