Pagina:Le opere di Galileo Galilei VII.djvu/440

432 dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo.

ne sostiene 160, sì che viene a regger 80 volte più armato che disarmato, ed a regger peso 26 volte maggiore del suo proprio: maraviglia assai maggiore di quello che aveva potuto incontrare il Gilberti, che scrive non aver potuto incontrar calamita che arrivi a sostenere il quadruplo del proprio peso.

Sagr. Gran campo di filosofare mi par che porga questa pietra a gl’intelletti umani: ed io l’ho ben mille volte meco medesimo specolato, come possa esser che ella porga a quel ferro, che l’arma, forza tanto superiore alla sua propria, e finalmente non trovo cosa che mi quieti; nè molto costrutto cavo da quel che circa questo particolare scrive il Gilberto. Non so se l’istesso avvenga a voi.

Salv. Io sommamente laudo ammiro ed invidio questo autore, per essergli caduto in mente concetto tanto stupendo circa a cosa maneggiata da infiniti ingegni sublimi, nè da alcuno avvertita; parmi anco degno di grandissima laude per le molte nuove e vere osservazioni fatte da lui, in vergogna di tanti autori mendaci e vani, che scrivono non sol quel che sanno, ma tutto quello che senton dire dal vulgo sciocco, senza cercare di assicurarsene con esperienza, forse per non diminuire i lor libri: quello che avrei desiderato nel Gilberti, è che fusse stato un poco maggior matematico, ed in particolare ben fondato nella geometria, la pratica della quale l’avrebbe reso men risoluto nell’accettare per concludenti dimostrazioni quelle ragioni ch’ei produce per vere cause delle vere conclusioni da sé osservate; le quali ragioni (liberamente parlando) non annodano e stringono con quella forza che indubitabilmente debbon fare quelle che di conclusioni naturali, necessarie ed eterne, si possono addurre: e io non dubito che co ’l progresso del tempo si abbia a perfezionar questa nuova scienza, con altre nuove osservazioni, e più con vere e necessarie dimostrazioni. [I primi osservatori ed inventori degni di essere ammirati.]Né per ciò deve diminuirsi la gloria del primo osservatore; nè io stimo meno, anzi ammiro più assai, il primo inventor della lira (benchè creder si debba che lo strumento fusse rozissimamente fabbricato, e più rozamente sonato), che cent’altri artisti che nei i conseguenti secoli tal professione ridussero a grand’esquisitezza: e parmi che molto ragionevolmente l’antichità annumerasse tra gli Dei i primi inventori dell’arti nobili, già che noi veggiamo il comune de gl’ingegni umani esser di tanta poca curiosità, e così poco curanti delle cose pellegrine e gentili, che nel vederle e sentirle