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294 | dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo. |
plero [Argomento del Keplero a favor del Copemico.]dicendo: Difficilius est accidens praeter modulum subiecti intendere, quam subiectum sine accidente augere: Copernicus igitur verisimilius facit, qui auget orbem stellarum fixarum absque motu, quam Ptolemaeus, qui auget motum fixarum immensa velocitate. [L'autor dell'Antiticone insta contro al Keplero.]La qual instanza scioglie l’autore, maravigliandosi di quanto il Keplero s’inganni nel dire che nell’ipotesi di Tolomeo si cresca il moto fuor del modello del subietto, imperocchè a lui pare che non si accresca se non conforme al modello, e che secondo il suo accrescimento si agumenti la velocità del moto: [Cresce la velocità nel moto circolare secondo che cresce il diametro del cerchio.]il che prova egli con figurarsi una macina che dia una revoluzione in 24 ore, il qual moto si chiamerà tardissimo; intendendosi poi il suo semidiametro prolungato sino alla distanza del Sole, la sua estremità agguaglierà la velocità del Sole; prolungatolo sino alla sfera stellata, agguaglierà la velocità delle fisse, benchè nella circonferenza della macina sia tardissimo. Applicando ora questa considerazione della macina alla sfera stellata, intendiamo un punto nel suo semidiametro vicino al centro quant’è il semidiametro della macina; il medesimo moto, che nella sfera stellata è velocissimo, in quel punto sarà tardissimo: ma la grandezza del corpo è quella che di tardissimo lo fa divenir velocissimo, ancorchè e’ continui d’esser il medesimo; e così la velocità cresce non fuor del modello del subietto, anzi cresce secondo quello e la sua grandezza, molto diversamente da quel che stima il Keplero.
Salv. Io non credo che quest’autore si sia formato concetto del Keplero così tenue e basso, che e’ possa persuadersi che e’ non abbia inteso che il termine altissimo d’una linea tirata dal centro sin all’orbe stellato si muove più velocemente che un punto della medesima linea vicino al centro a due braccia: e però è forza che e’ capisca e comprenda [Espiicazione del vero senso del detto del Keplero, e sua difesa.]che il concetto e l’intenzione del Keplero è stata di dire, minore inconveniente esser l’accrescer un corpo immobile a somma grandezza, che l’attribuire una somma velocità a un corpo pur vastissimo, avendo riguardo al modulo, cioè alla norma ed all’esempio, de gli altri corpi naturali, ne i quali si vede che crescendo la distanza dal centro, si diminuisce la velocità, cioè che i periodi delle lor circolazioni ricercano tempi più lunghi; [La grandeza e piccoleza del corpo fanno diversità nei moto, ma non nella quiete.]ma nella quiete, che non è capace di farsi maggiore o minore, la grandezza o piccolezza del corpo non fa diversità veruna. Talchè, se la risposta dell’autore debbe andar ad incontrar l’argomento del Keplero, è neces-