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274 dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo.

tissima, mi converrebbe alzar la testa, [Onde si comprende il moto di un cadente.]e secondo ch’ella venisse calando, mi bisognerebbe abbassarla, ed in somma muover continuamente o quella o gli occhi, secondando il suo moto.


Salv. Ora avete data la vera risposta. Voi conoscete dunque la quiete di quel sasso, mentre senza muover punto l’occhio ve lo vedete sempre avanti, e conoscete ch’ei si muove, quando, [li moto dell'occhio ci arguisce il moto dell'oggetto veduto.]per non lo perder di vista, vi convien muover l’organo della vista, cioè l’occhio. Adunque, tuttavoltachè senza muover mai l’occhio voi vi vedeste continuamente un oggetto nell’istesso aspetto, sempre lo giudichereste immobile.

Simp. Credo che così bisognasse necessariamente.

Salv. Figuratevi ora d’esser in una nave, e d’aver fissato l’occhio alla punta dell’antenna: credete voi che, perchè la nave si muovesse anco velocissimamente, vi bisognasse muover l’occhio per mantener la vista sempre alla punta dell’antenna e seguitare il suo moto?

Simp. Son sicuro che non bisognerebbe far mutazion nessuna, e che non solo la vista, ma quando io v’avessi drizzato la mira d’un archibuso, mai per qualsivoglia moto della nave non mi bisognerebbe muoverla un pelo per mantenervela aggiustata.

Salv. E questo avviene perchè il moto che conferisce la nave all’antenna, lo conferisce anche a voi ed al vostro occhio, sì che non vi convien muoverlo punto per rimirar la cima dell’antenna; ed in conseguenza ella vi apparisce immobile1. Ora trasferite questo discorso alla vertigine della Terra ed al sasso posto in cima della torre, nel quale voi non potete discernere il moto, perchè quel movimento che bisogna per seguirlo, l’avete voi comunemente con lui dalla Terra, nè vi convien muover l’occhio; quando poi gli sopraggiugne il moto all’ingiù, che è suo particolare, e non vostro, e che si mescola co ’l circolare, la parte del circolare che è comune della pietra e dell’occhio, continua d’esser impercettibile, e solo si fa sensibile il retto, per-

  1. w NelL’esemplare dell’edizione originaLe posseduto dalla Biblioteca del Seminario di Padova, Galileo annotò, in margine, di suo pugno:«E tanto è che il raggio della vista vadia dall’occhio all’antenna, quanto se una corda fusse legata tra due termini della nave: ora, cento corde sono a diversi termini fermate, e negli stessi posti si conservano, muovasi la nave o stia ferma.»