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giornata seconda | 183 |
giugnerla e finalmente ripigliarla: e dico una vanità, perchè a far che il proietto vi torni in mano, bisogna tirarlo all’insù, nel modo medesimo che se altri stesse fermo; perchè, sia pure il corso quanto si voglia veloce, purchè sia uniforme ed il proietto non sia una cosa leggierissima, sempre ricaderà in mano al proiciente, e sia pur gettato in alto quanto si voglia.
Sagr. [Problemi diversi e curiosi intorno a i moti de' proietti.]Da questa dottrina io vengo in cognizione di alcuni problemi assai curiosi, in materia di questi proietti; il primo de’ quali dovrà parer molto strano al signor Simplicio. E il problema è questo: ch’io dico che è possibile che lasciata cader semplicemente la palla da uno che in qualsivoglia modo corra velocemente, arrivata che ella sia in terra, non solo segua il corso di colui, ma di assai lo anticipi; il qual problema è connesso con questo, che il mobile lanciato dal proiciente sopra il piano dell’orizonte, può acquistar nuova velocità, maggiore assai della conferitagli da esso proiciente. Il quale effetto ho io più volte con ammirazione osservato nello stare a veder costoro che giuocano a tirar con le ruzzole, le quali si veggono, uscite che son della mano, andar per aria con certa velocità, la qual poi se gli accresce assai nell’arrivare in terra; e se ruzzolando urtano in qualche intoppo che le faccia sbalzare in alto, si veggono per aria andar assai lentamente, e ricadute in terra pur tornano a muoversi con velocità maggiore: ma quel che è ancora più stravagante, ho io ancora osservato che non solamente vanno sempre più veloci per terra che per aria, ma di due spazi fatti amendue per terra, tal volta un moto nel secondo spazio è più veloce che nel primo. Or che direbbe qui il signor Simplicio?
Simp. Direi, la prima cosa, di non aver fatta cotale osservazione; secondariamente, direi di non la credere; direi poi, nel terzo luogo, che, quando voi me ne accertaste e che demostrativamente me l’insegnaste, voi fuste un gran demonio.
Sagr. Di quelli però di Socrate, non di quei dell’Inferno. Ma voi pur tornate su questo insegnare; io vi dico che quando uno non sa la verità da per sé, è impossibile che altri gliene faccia sapere; posso bene insegnarvi delle cose che non son nè vere nè false, ma le vere, cioè le necessarie, cioè quelle che è impossibile ad esser altrimenti, ogni mediocre discorso o le sa da sé o è impossibile che ei le sappia mai: e così so che crede anco il signor Salviati. E però vi dico che