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avvertimento. | 9 |
sua persona, è indicato col nome di Accademico Linceo, o anche semplicemente Accademico, o, talora, nostro amico comune, ecc.
Giovanfrancesco di Niccolò Sagredo, di famiglia patrizia veneta, nacque in Venezia il 19 giugno 1571, e fu in Padova scolaro di Galileo, e poscia a lui stretto della più cordiale amicizia, cementata da altissima e reciproca stima: gli venne pure frequentemente in aiuto, sia con potenti raccomandazioni appresso la Serenissima, ogniqualvolta a Galileo occorressero anticipazioni od aumenti di stipendio, sia ancora nelle frequenti circostanze in cui era molestato o da parenti o da plagiari o da avversari. Egli vive immortale non solo nelle pagine di Galileo, ma anche nel copioso carteggio col Maestro, carteggio in cui si palesa osservatore finissimo ed una delle menti più acute del tempo, tale insomma da meritare il titolo di «suo idolo» datogli da Galileo1, che assai probabilmente non avrebbe effettuato il disegno di abbandonare lo Studio di Padova, se quand’egli prendeva tale determinazione, il Sagredo non fosse stato console per la Repubblica in Soria. Nel Dialogo il Sagredo si dice talvolta «semplice ascoltatore», ma in verità fa le parti del cólto profano fra i due competenti Salviati e Simplicio: è disposto favorevolmente alle nuove dottrine, e non mette alcun limite al suo entusiasmo quando ne rimane convinto; spesso riassume gli argomenti più difficili, già addotti, o li espone di nuovo in forma più piana; aggiunge anche ragioni proprie, e soprattutto vengono messe in bocca a lui quelle idee delle quali l’autore non vuole assumere la piena responsabilità, ma che tuttavia stima opportuno siano introdotte nella discussione.
Filippo Salviati e Giovanfrancesco Sagredo, il primo con la sola dottrina e con la stringatezza delle argomentazioni, il secondo con l’acume delle osservazioni e con l’umore arguto e talvolta satirico, integrano con sintesi mirabile il carattere ed il personaggio di Galileo.
Il terzo interlocutore, Simplicio, che col suo nome ricorda il famoso interprete degli scritti Aristotelici, è il rappresentante della scienza conservatrice, che pone il suo fondamento nell’autorità degli scrittori e che non riconosce altri argomenti se non quelli che dalle opere loro possono desumersi; ma non sembra che in esso il Nostro abbia voluto rappresentare una determinata persona, e tanto meno il Papa Urbano VIII, come i nemici del sommo filosofo vollero far credere2 prendendone occasione da ciò, che Simplicio ripete nel Dialogo l’argomento del quale il Pontefice soleva servirsi quando si discuteva innanzi a lui il moto della Terra.
Passando ora a parlare dei modi tenuti da noi nel riprodurre quest’opera, diremo anzitutto che abbiamo seguito l’edizione originale3, poichè nessun auto-
- ↑ Lettera di Galileo a Fra Fulgenzio Micanzio del 12 aprile 1636 (Biblioteca Marciana, Cl. X Ital., cod. XLVII, car. 6).
- ↑ Lettera di Benedetto Castelli a Galileo del 22 dicembre 1635 (Mss. Gal., Par. I, T. XI, car. 161).
- ↑ Dialogo di Galileo Galilei Linceo, Matematico sopraordinario dello Studio di Pisa e Filosofo e Matematico primario del Serenissimo Gr. Duca di Toscana, Dove ne i congressi di quattro giornate si discorre sopra i due massimi sistemi del mondo, Tolemaico e Copernicano, proponendo indeterminatamente le ragioni filosofiche e naturali tanto per l’una quanto per l’altra parte. Con privilegi. In Fiorenza, per Gio. Batista Landini, MDCXXXII. Con licenza de’ Superiori. Negli esemplari completi dell’edizione originale, che non sono molto comuni, precede al frontespizio un’incisione in rame di Stefano della Bella, che noi abbiamo riprodotta a pag. 23.
Il Dialogo fu ben tosto tradotto in latino per cura di Mattia Bernegger, e la traduzione latina fu stampata nel 1635 col titolo: Systema cosmicum, authore Galilaeo Galilaei Lynceo, Academiae Pisanae Mathematico extraordinario, Serenissimi Magni-Ducis Hetruriae Philosopho et Mathematico primario: in quo quatuor dialogis de duobus maximis mundi systematibus, Ptolemaico et Copernicano, utriusque rationibus philosophicis ac naturalibus indefinite propositis, disseritur. Ex italica lingua latino conversum, ecc. Augustae Treboc, Impensis Elzeviriorum, Typis Davidis Hautti. Anno 1635.