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140 dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo.

sario che a noi, come abitatori di quella ed in conseguenza partecipi del medesimo, ei resti del tutto impercettibile [I moti della Terra sono impercettibili a gii abitatori di quella.]e come s’e’ non fusse, mentre che noi riguardiamo solamente alle cose terrestri; ma è bene, all’incontro, altrettanto necessario che il medesimo movimento ci si rappresenti comunissimo di tutti gli altri corpi ed oggetti visibili che, essendo separati dalla Terra, [Della Terra non possono essere altri movimenti che quelli che a noi appariscono esser comuni di tutto 'l resto dell'universo trattone la Terra. ]mancano di quello. A tal che il vero metodo per investigare se moto alcuno si può attribuire alla Terra, e, potendosi, quale e’ sia, è il considerare ed osservare se ne i corpi separati dalla Terra si scorge apparenza alcuna di movimento, il quale egualmente competa a tutti; perchè un moto che solamente si scorgesse, verbigrazia, nella Luna, e che non avesse che far niente con Venere o con Giove nè con altre stelle, non potrebbe in veruna maniera esser della Terra, nè di altri che della Luna. [Moto diurno si mostra comunissimo a tutto l'universo, trattone il globo terrestre.]Ora, ci è un moto generalissimo e massimo sopra tutti, ed è quello per il quale il Sole, la Luna, gli altri pianeti e le stelle fisse, ed in somma l’universo tutto, trattane la sola Terra, ci appariscono unitamente muoversi da oriente verso occidente dentro allo spazio di venti quattr’ore, e questo, in quanto a questa prima apparenza, non ha repugnanza di potere esser tanto della Terra sola, quanto di tutto il resto del mondo, trattone la Terra; imperocchè le medesime apparenze si vedrebbero tanto nell’una posizione quanto nell’altra. [Aristotile e Tolomeo argomentano contro al moto diurno attribuito alla Terra.]Quindi è che Aristotile e Tolomeo, come quelli che avevano penetrata questa considerazione, nel voler provare la Terra esser immobile, non argumentano contro ad altro movimento che a questo diurno; salvo però che Aristotile tocca un non so che contro ad un altro moto attribuitogli da un antico, del quale parleremo a suo luogo.

Sagr. Io resto molto ben capace della necessità con la quale conclude il vostro discorso, ma mi nasce un dubbio, del quale non so liberarmi: e questo è, che attribuendo il Copernico alla Terra un altro movimento oltre al diurno, il quale, per la regola pur ora dichiarata, dovrebbe restare a noi, quanto all’apparenza, impercettibile nella Terra, ma visibile in tutto il resto del mondo, parmi di poter necessariamente concludere, o che egli abbia manifestamente errato nell’assegnare alla Terra un moto del quale non apparisca in cielo la sua general corrispondenza, o vero che, se la rispondenza vi è, altrettanto sia stato manchevole Tolomeo a non reprovar questo, sì come reprovò l’altro.