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94 | dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo. |
suo disco, [Luce econdaria timata propria della Luna.]oltre alle sottili corna illustrate dal Sole, reputo che sia suo proprio e natural lume, e non un reflesso della Terra, la quale io stimo impotente, [Terra impotente a reflettere i raggi del Sole.]per la sua somma asprezza ed oscurità, a reflettere i raggi del Sole. Nel terzo parallelo convengo con voi in una parte, e nell’altra dissento; convengo nel giudicar il corpo della Luna solidissimo e duro, come la Terra, anzi piú assai, perchè se da Aristotile [otanza celeste impenetrabile, per Aristotile.]noi caviamo che il cielo sia di durezza impenetrabile, e le stelle parti piú dense del cielo, è ben necessario che le siano saldissime ed impenetrabilissime.
Sagr. Che bella materia sarebbe quella del cielo per fabbricar palazzi, chi ne potesse avere, così dura e tanto trasparente!
Salv. Anzi pessima, perchè sendo, per la somma trasparenza, del tutto invisibile, non si potrebbe, senza gran pericolo di urtar negli stipiti e spezzarsi il capo, camminar per le stanze.
Sagr. Cotesto pericolo non si correrebbe egli, se è vero, [Materia celeste intangibile.]come dicono alcuni Peripatetici, che la sia intangibile; e se la non si può toccare, molto meno si potrebbe urtare.
Salv. Di niuno sollevamento sarebbe cotesto; conciosiachè, se ben la materia celeste non può esser toccata, perchè manca delle tangibili qualità, può ben ella toccare i corpi elementari; e per offenderci, tanto è che ella urti in noi, ed ancor peggio, che se noi urtassimo in lei. Ma lasciamo star questi palazzi o per dir meglio castelli in aria, e non impediamo il signor Simplicio.
Simp. La quistione che voi avete così incidentemente promossa, è delle difficili che si trattino in filosofia, ed io ci ho intorno di bellissimi pensieri di un gran cattedrante di Padova; ma non è tempo di entrarvi adesso. Però, tornando al nostro proposito, replico che stimo la Luna solidissima piú della Terra, ma non l’argomento già, come fate voi, dalla asprezza e scabrosità della sua superficie, anzi dal contrario, cioè dall’essere atta a ricevere (come veggiamo tra noi nelle gemme piú dure) un pulimento e lustro superiore a [Superficie della Luna tersa più d'uno specchio.]qual si sia specchio piú terso; chè tale è necessario che sia la sua superficie, per poterci fare sì viva reflessione de’ raggi del Sole. Quelle apparenze poi che voi dite, di monti, di scogli, di argini, di valli, etc., son tutte illusioni; ed io mi sono ritrovato a sentire in publiche dispute sostener gagliardamente, contro a questi introduttori di novità, che tali apparenze non da altro provengono che da parti inegualmente