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avete conosciuto voi medesimo ancora, atteso che, quando era il tempo dell’applicazione di queste cose alla materia e di chiuder la conclusione, voi fate punto, e lasciandoci sospesi passate ad altro proposito, e cercate, pur per via di discorso, provar cosa di cui cento esperienze chiarissime sono in contrario; e ben che voi veggiate, guardando col telescopio, la stella di Saturno terminatissima e di figura diversissima dall’altre, il disco di Giove e quel di Marte, e massime quando è vicino a Terra, perfettamente rotondi e terminati, Venere a suoi tempi corniculata ed esattissimamente delineata, i globetti delle stelle fisse, e massime delle maggiori, molto ben distinti, e finalmente mille fiammelle di candele, poste in gran distanza, così ben dintornate come da vicino, dove, senza il telescopio, l’occhio libero niuna di cotali figure distingue, ma tutte le vede ingombrate da raggi stranieri e tutte sotto una stessa figura radiante, con tutto ciò pur volete che ’l telescopio non le mostri senza raggi, persuaso da certi vostri discorsi, de i quali io non sarei in obligo di scoprir le fallacie, avendo per me l’esperienza in contrario; tuttavia, per vostra utilità, le accennerò così brevemente.
E per venir con ogni maggior chiarezza al mio intento, io vi domando, signor Sarsi, onde avvenga che Venere si circonda sì fattamente di questi raggi ascitizii e stranieri, che tra essi perde in modo la sua real figura, ch’essendo stata dalla creazion del mondo in qua mille e mille volte cornicolata, mai da vivente alcuno non è stata osservata né veduta tale, ma sempre è apparsa d’una stessa figura, se non dapoi ch’io primieramente col telescopio scopersi le sue mutazioni? il che non accade della Luna, la quale coll’occhio libero mostra le sue diversità di figure, senza notabile alterazione che dependa dall’irraggiamento avventizio. Non rispondete, ciò accadere mediante la gran lontananza di Venere e la vicinanza della Luna; perché io vi dirò che quello che accade a Venere, accade ancora alle fiammelle delle candele, le quali, in distanza di cento braccia solamente, confondono la lor figura tra i raggi e la perdono non men di Venere. Se volete risponder bene, bisogna che diciate, ciò derivare dalla piccolezza del corpo di Venere in relazione all’apparente grandezza di quel della Luna, e che vi figuriate, la lunghezza di quei raggi che si producono nell’occhio esser, verbigrazia, per quattro diametri di Venere, che non saranno poi la decima parte del diametro della