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parlando di certo argomento usato dal suo Maestro, scrive: "Cæterum, quanti hoc argumentum apud nos esset, satis arbitror ex eo poterat intelligi, quod paucis adeo ac plane ieiune propositum fuerit, cum prius reliqua duo longe accuratius ac fusius fuissent explicata." E con qual brevità e quanto sobriamente egli abbia tocco questo, veggasi, oltre all’altre cose, dal non aver pur fatte le figure degli eccentrici e dell’ellissi introdotte per salvare il tutto; dove che più a basso incontreremo un mar di disegni inseriti in un lungo discorso, per riprovar poi una esperienza che in ultimo non reca pure un minimo ristoro alla principale intenzione che si ha in quel luogo. Ma, senz’andar più lontano, entri pur V. S. Illustrissima in un oceano di distinzioni, sillogismi ed altri termini logicali, e troverà esser fatta dal Sarsi stima grandissima di cosa che, liberamente parlando, io stimo assai meno della lana caprina.
"Sed quando Magistro meo ... per me iam potest. "
Qui, come vede V. S. Illustrissima, in contracambio dell’equivoco nel quale il P. Grassi era, come il signor Guiducci avverte, incorso, seguendo l’orme di Ticone e d’altri, vuole il Sarsi mostrare, me aver altrettanto, o più, errato in logica; mentre che per mostrare, l’augumento del telescopio esser nelle stelle fisse quale negli altri oggetti, e non insensibile o nullo, come aveva scritto il Padre, si argumentò in cotal forma: "Molte stelle del tutto invisibili a qualsivoglia vista libera si rendon visibilissime col telescopio; adunque tale augumento si doverebbe più tosto chiamare infinito che nullo." Qui insorge il Sarsi, e con lunghissime contese fa forza di dichiararmi pessimo logico, per aver chiamato tale ingrandimento infinito: alle quali tutte, perché ormai sento grandissima nausea da quelle altercazioni nelle quali io altresì nella mia fanciullezza, mentr’ero ancor sotto il pedante, con diletto m’ingolfavo, risponderò breve e semplicemente, parermi che il Sarsi apertamente si mostri quale egli tenta di mostrar me, cioè poco intendente di logica, mentr’ei piglia per assoluto quello ch’è detto in relazione. Mai non si è detto, l’accrescimento nelle stelle fisse esser infinito; ma avendo scritto il Padre, quello esser nullo, ed il signor Mario avvertitolo, ciò non esser vero, poi che moltissime stelle di totalmente invisibili si rendono visibilissime, soggiunse, tale accrescimento doversi più tosto chiamare infinito