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che scrivessero mai parola attenente a distanze, grandezze, movimenti e teoriche di comete, delle quali sole, e non d’altro, si è trattato, e con altrettanta occasione vi si potevano accoppiare Sofocle, e Bartolo, o Livio. Parmi, oltre a ciò, di scorgere nel Sarsi ferma credenza, che nel filosofare sia necessario appoggiarsi all’opinioni di qualche celebre autore, sì che la mente nostra, quando non si maritasse col discorso d’un altro, ne dovesse in tutto rimanere sterile ed infeconda; e forse stima che la filosofia sia un libro e una fantasia d’un uomo, come l’ Iliade e l’ Orlando furioso, libri ne’ quali la meno importante cosa è che quello che vi è scritto sia vero. Signor Sarsi, la cosa non istà così. La filosofia è scritta in questo grandissimo libro che continuamente ci sta aperto innanzi a gli occhi (io dico l'universo), ma non si può intendere se prima non s'impara a intender la lingua, e conoscer i caratteri, ne' quali è scritto. Egli è scritto in lingua matematica, e i caratteri son triangoli, cerchi, ed altre figure geometriche, senza i quali mezi è impossibile a intenderne umanamente parola; senza questi è un aggirarsi vanamente per un oscuro laberinto. Ma posto pur anco, come al Sarsi pare, che l’intelletto nostro debba farsi mancipio dell’intelletto d’un altr’uomo (lascio stare ch’egli, facendo così tutti, e se stesso ancora, copiatori, loderà in sé quello che ha biasimato nel signor Mario), e che nelle contemplazioni de’ moti celesti si debba aderire ad alcuno, io non veggo per qual ragione ei s’elegga Ticone, anteponendolo a Tolomeo e a Nicolò Copernico, de’ quali due abbiamo i sistemi del mondo interi e con sommo artificio costrutti e condotti al fine; cosa ch’io non veggo che Ticone abbia fatta, se già al Sarsi non basta l’aver negati gli altri due e promessone un altro, se ben poi non esseguito. Né meno dell’aver convinto gli altri due di falsità, vorrei che alcuno lo riconoscesse da Ticone: perché, quanto a quello di Tolomeo, né Ticone né altri astronomi né il Copernico stesso potevano apertamente convincerlo, avvenga che la principal ragione, presa da i movimenti di Marte e di Venere, aveva sempre il senso in contrario; al quale dimostrandosi il disco di Venere nelle due congiunzioni e separazioni dal Sole pochissimo differente in grandezza da se stesso, e quel di Marte perigeo a pena 3 o 4 volte maggiore che quando è apogeo, già mai non si sarebbe persuaso dimostrarsi veramente quello 40 e questo 60 volte maggiore nell’uno che nell’altro stato, come bisognava che