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che di Copernico, egli avrebbe avuto bisogno che le vi fussero state scritte; onde, in difetto, l’ha volute supplir del suo.
E prima, non si trova nella scrittura del signor Mario buttato, come si dice, in occhio, né attribuito a mancamento al P. Grassi l’aver giurato fedeltà a Ticone e seguitate in tutto e per tutto le sue vane machinazioni. Ecco i luoghi citati dal Sarsi. Alla fac. 18: "Appresso verrò al professor di matematica del Collegio Romano, il quale in una sua scrittura ultimamente publicata pare che sottoscriva ad ogni detto d’esso Ticone, aggiungendovi anco qualche nuova ragione a confermazion dell’istesso parere". L’altro luogo a fac. 38: "Il matematico del Collegio Romano ha parimente per quest’ultima cometa ricevuto la medesima ipotesi; e a così affermare, oltre a quel poco che n’è scritto dall’Autore, che consuona colla posizion di Ticone, m’induce ancora il vedere in tutto il rimanente dell’opera quanto ei concordi coll’altre ticoniche immaginazioni". Or vegga V. S. Illustrissima se qui s’attribuisce cosa veruna a vizio e mancamento. Di più, è ben chiarissimo che non si trattando in tutta l’opera d’altro che de gli accidenti attenenti alle comete, de’ quali Ticone ha scritto sì gran volume, il dire che il matematico del Collegio concorda coll’altre immaginazioni di Ticone, non s’estende ad altre posizioni ch’a quelle ch’appartengono alle comete; sì che il chiamar ora in paragon di Ticone, Tolomeo e Copernico, i quali non trattaron mai d’ipotesi attenenti a comete, non veggo che ci abbia luogo opportuno.
Quello poi che dice il Sarsi, che nella scrittura del suo Maestro non vi si trova altro, in che egli abbia seguito Ticone, fuor che le dimostrazioni per ritrovare il luogo della cometa, sia detto con sua pace, non è vero; anzi nessuna cosa vi è meno, che simile dimostrazione. Tolga Iddio che il P. Grassi avesse in ciò imitato Ticone, né si fusse accorto, quanto nel modo d’investigar la distanza della cometa per l’osservazioni fatte in due luoghi differenti in Terra, si mostri bisognoso della notizia de’ primi elementi delle matematiche. Ed acciocché V. S. Illustrissima vegga ch’io non parlo così senza fondamento, ripigli la dimostrazion ch’egli comincia alla fac. 123 del trattato della cometa del 1577, ch’è nell’ultima parte de’ suoi Proginnasmi:
nella quale volendo egli provare com’ella non fusse inferiore alla Luna per la conferenza dell’osservazioni fatte da sé in Uraniburg