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418 | avvertimento. |
Di questa, dall’Autore chiamata altresì «generale relazione»1, noi conosciamo un unico manoscritto, che è nel citato T. V (car.r. — 2cr.) della Par. IV dei Manoscritti Galileiani, e su di esso la riproduciamo: non è autografo, ma copia del secolo XVII, di buona lezione per ogni rispetto, tranne che per la grafia, che presenta forme erronee e stranissime, le quali furono, com’era naturale, da noi emendate2. Siccome poi la prima edizione di questa scrittura, che è nella prima edizione fiorentina delle Opere di Galileo3 differisce dal manoscritto in alcuni passi, per modo che resta il dubbio se quegli editori non abbiano approfittato d’un altro codice4, così appiè di pagina abbiamo raccolto le principali varianti di detta stampa, distinguendole con la sigla F,
- ↑ Così la chiama nelle due citate lettere al duca di Lerma e al conte di Lemos.
- ↑ Basti citarne alcune:proppri, lattitudine, impeditte, sfatte, osservane, fattiche, durrazione, longhitudine, otiene, terestre, orechio, aparizioni, ecc. Egualmente correggemmo longitudine (pag. 423, lin. 6), descrizione (pag. 424, lin. 2), predizione (pag.425, lin. 10-11), ecc., in longitudini, descrizioni, predizioni, ecc., e, viceversa, quelli (pag. 423, lin. 13), agiustarli (pag. 425, lin. 12), in quelle, aggiustarle; insegnarò (pag. 425, lin. 11) in insegnerò, spedisse (pag. 424, lin. 26) in spedisce, e anche novo (pag.423, lin. 2) in nuovo. A pag. 425, lin. 14, emendammo legni, dato dal codice, in regni: e quell’errore ci persuase a correggere la lezione del manoscritto legni in regni anche poche righe più a basso (lin. 19).
- ↑ T. III, pag. 131-132.
- ↑ Diremmo senza esitazione che il codice su cui fu condotta la stampa fiorentina fosse diverso dal nostro, se non sapessimo quanto audacemente, e con quali criteri, i vecchi editori usavano alterare le fonti manoscritte. Fra le carte appartenute al P. Guido Grandi (ch’ ebbe gran parte nella prima edizione fiorentina delle Opere di Galileo), e ora conservate nella Biblioteca Universitaria di Pisa, non trovammo alcun manoscritto della Relazione.
In Firenze, MDCCXVIII, T. III, pag. 133-136. In questa stessa edizione, T. III, pag. 136-137, sono le due lettere di Galileo al duca di Lerma e al conte di Lemos.